Il Fatto Quotidiano - 17.10.2009.pdf

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IlFatto
Bersani, Franceschini e Marino danno il via alle primarie :
non è stato un dibattito eccitante ma Democratico
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w w w. i l f a t t o q u o t i d i a n o. i t
Veronica
Mario Guarino
Veronica Silvio
& Silvio
I segreti della first lady,
gli intrighi del premier
Amore, tradimenti e denaro
introduzione di Lidia Ravera
edizioni Dedalo
edizioni Dedalo
Sabato 17 ottobre 2009 – Anno 1 – n° 22
Redazione: via Orazio n° 10 – 00193 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
€ 1,20 – Arretrati: € 2,00
Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
LINCIATE QUEL GIUDICE
L’ORDINE È STATO ESEGUITO
Mesiano, la tv del premier lo descrive come un matto
LEI È EDUCATO
SI VERGOGNI
aver ricevuto un'educazione, di aver imparato
che non si dicono le bugie e si parla uno per
volta, è fregato. Chi ha una reputazione fa di
tutto per conservarla: ma chi ne è sprovvisto non
teme di perderla, dunque parte avvantaggiato. Perché
può fare e dire tutte le porcate che vuole, tanto da lui
ci si attende il peggio. Prendete Gasparri, con rispetto
parlando: continua a dire in tv che io vado in ferie a
spese della mafia, ben sapendo che non è vero ma che
nessun Vespa lo smentirà e nessuna Authority o
Vigilanza interverrà. Prendete il miglior premier degli
ultimi 150 anni, il più perseguitato della Storia (più di
Gesù, per dire), il più buono e giusto: siccome è
anche l'editore più liberale dai tempi di Gutenberg,
una delle sue tv fa pedinare con telecamera nascosta il
giudice Mesiano, per dimostrare che è un tipo strano
e sospetto (infatti porta calzini turchesi, fuma e
aspetta il suo turno dal barbiere, invece di andare a
puttane o frequentare papponi e spacciatori). Così
tutti i giudici che si occupano di Berlusconi sanno
quel che li aspetta se non fanno i bravi. Prendete Il
Giornale: raccoglie testimonianze anonime di gente
che ha origliato il giudice Mesiano mentre a cena con
amici avrebbe parlato male di Berlusconi e bene di
Prodi (davvero sorprendente: fra Prodi, che ha
sempre rispettato la magistratura, e Berlusconi, che
ha definito tutti i magistrati vivi e morti
“antropologicamente diversi dal resto della razza
umana” e “mentalmente disturbati”, dunque “noi ai
giudici insidiamo le mogli perchè siamo tombeur de
femmes”, un giudice preferisce Prodi: che tipo
bizzar ro).
Il fatto è che ogni cittadino, giudici compresi,
ha tutto il diritto di preferire Prodi a Berlusconi
o viceversa, l'importante è che giudichi
secondo giustizia. Solo una mente malata –
come ha notato Maltese - può pensare che un
giudice di sinistra condanni un innocente solo
perchè di destra, e viceversa. Oltretutto
Mesiano non poteva che condannare la
Fininvest a risarcire De Benedetti per la
sentenza comprata sul lodo Mondadori, visto
che la Cassazione penale aveva già stabilito che
l'Ingegnere andasse risarcito. Il giudice civile
doveva solo quantificare il danno. Prendete
Belpietro ad Annozero: dice che il giudice
Carfì, autore della prima sentenza penale su
Mondadori, non è imparziale perchè fu sentito
sussurrare al pm che con Berlusconi “bisogna
usare il bastone e la carota”. Piccolo
particolare: il giudice del bastone e della carota
non era Carfì, ma Crivelli, che non giudicava su
Mondadori, ma su Guardia di Finanza, e non
parlava di Berlusconi, ma del calendario delle
udienze. Chi se ne frega, Crivelli o Carfì pari
sono: cominciano entrambi per C. Prendete il
leghista Castelli, un altro che non ha l'handicap
della buona educazione: interrompe, strilla,
insulta, delira. Vuole i pm “eletti dal popolo”
(fantastico: i pm di partito), poi se la prende
con quelli “politicizzati”, cioè di sinistra: quelli
che invece stavano con lui al ministero e
sperperavano denaro pubblico in consulenze
inutili, non sono politicizzati: vanno benissimo,
come quelli corrotti da Previti con soldi di
Berlusconi. Averne. La prova dei giudici
politicizzati, per il padano, è un vecchio libro di
un vecchio giudice che racconta i funerali,
negli anni 70, di un collega, tale Pesce, tra
bandiere rosse e pugni alzati. Che diavolo
c'entri questo Pesce (fra l'altro morto e sepolto)
col caso Mondadori, lo sa solo lui.
Evidentemente il Castelli preferisce Metta e
Squillante: meglio corrotti che rossi.
Ilpapello
equelleleggi
Sale
l’indignazione
contro Canale5
che ha preso di
mira il magistrato.
La colpa?
Aver condannato
Berlusconi
a pagare
750 milioni
per la sentenza
Mondadori.
Ma ormai
il premier,
è fuori controllo:
cambio la
Costituzione
Lillo e Mascali pag. 5 z
sta rileggere le cronache parlamen-
tari. Nei 12 punti elencati da Totò
Riina nel suo papello come condi-
zione per chiudere la stagione delle bombe
non vi è nulla di sorprendente. La trattativa
tra Stato e mafia c'è stata, proprio come rac-
contavano, ben prima della scoperta del
papello, le sentenze definitive sulle stragi
del '93. Non per niente, durante gli ultimi
17 anni, buona parte dei desiderata di Cosa
Nostra sono stati discussi e, a volte appro-
vati, da Camera e Senato. Le supercarceri di
Pianosa e l'Asinara sono state chiuse nel
1997 dal centrosinistra. La legge sui pen-
titi, coi voti dell'Ulivo e il plauso del cen-
tro-destra, è stata riformata nel 2001, pro-
vocando un crollo verticale del numero dei
collaboratori di giustizia. Il 41 bis, il cosid-
detto carcere duro, è stato invece “stabi-
lizzato” nel 2002. Ma la norma, anche que-
sta volta bipartisan, è stata scritta male. Co-
sì i tribunali di sorveglianza, com’era per-
fettamente prevedibile, si sono trovati a do-
ver revocare il 41 bis (già reso molto meno
duro) a centinaia di boss. E persino quattro
mafiosi condannati per la strage di via dei
Georgofili a Firenze sono adesso detenuti
in regimi penitenziari normali.
A partire del 1994, poi, si è cominciato a
parlare pubblicamente della possibilità di
concedere forti sconti di pena agli uomini
d'onore che non si pentono, ma decidono
invece di dissociarsi dall'organizzazione. Il
primo a farlo è stato uno dei tanti testimoni
di quella trattativa che oggi ritrovano mi-
racolosamente la memoria: Luciano Vio-
lante. Subito dopo, nel 1996, un’apposita
proposta di legge è stata presentata da tre
senatori dell’allora Ccd, mentre nel 2001 il
futuro ministro degli Esteri, Franco Fratti-
ni, se l’è presa con i giornali
che parlando troppo di dis-
sociazione avevano fatto sal-
tare “l’intera operazione”.
Leggendo la copia del papel-
lo in mano ai magistrati
un’unica domanda ha quin-
di senso: la trattativa con Co-
sa Nostra è ancora in corso?
Perché come diceva una del-
le sue vittime, il giudice Pao-
lo Borsellino: “Politica e ma-
fia sono due poteri che vivo-
no sul controllo dello stesso
territorio: o si fanno la guer-
ra, o si mettono d’accordo”.
U di Bruno Tinti
INGIU S TIZIA
LA MALATTIA
I TA L I A NA
S ul Fatto Quotidiano di ieri
pag. 6 z
L’Ebbro di sé,
Libera interpretazione del “Bacco” di Caravaggio di Roberto Corradi
SUD x Affari e infiltrazioni mafiose
Le questione morale
può uccidere il Pd
n bankitalia
Mario Draghi
il governo
del Governatore
Feltri pag. 8 z
n grandi opere
Progetti faraonici
(ma solo
sulla carta)
D’Onghia, Martini pag. 10 e11 z
Bonazzi
e Bankomat
Dall’interno
delle banche.
lammare di Stabia dopo la
scoperta che il presunto killer
del consigliere comunale Luigi
Tommasino, aveva la tessera
del partito. Parla il vicesindaco
della ex Stalingrado del Sud, Ni-
cola Corrado. “Purtroppo ab-
biamo mutuato le vecchie pra-
tiche democristiane”. Il sud il
vero problema del partito di
Franceschini, Bersani e Mari-
no.
In libreria
C AT T I V E R I E
€ 14,50
pp. 208
L’ultima di Berlusconi:
chi mi sta
toccando il culo?
Palazzo Grazioli
ar riva
a L’A q uila
pag. 3 z
&
Mario Guarino
di Marco Travaglio
N el regime di Berlusconia chi ha la sfortuna di
di Peter Gomez
dc
B asta poco per rendersene conto. Ba-
(16 ottobre) Barbara Spinel-
li prende spunto da un mio
commento (che ha trovato in-
teressante: sono ancora più fe-
lice) e ci invita, noi del Fatto, a
discutere “della crisi non della
democrazia ma dello Stato ita-
liano”.
di Fierro e Iurillo
P d commissariato a Castel-
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pagina 2
l l duello televisivo è un tema di rilievo in
Sabato 17 ottobre 2009
PD
I confronti televisivi,
ogni elezione che si rispetti. Ieri “il
triello” è andato in onda su Youdem a
poco più di una settimana dal voto delle
Primarie, dopo che per òprimo a chiedere il
dibattito era stato Ignazio Marino a luglio.
Oltre a Youdem si erano offerti di ospitare il
confronto anche Rai, Mediaset, La7 e Sky. Ma i
tre sfidanti non si sono messi d’accordo su
nessun’altra televisione.
E per restare in tema di duelli, difficile non
ricordare che in occasione delle ultime elezioni
Berlusconi e Veltroni non si sono mai
incontrati in televisione: il Cavaliere rifiutava.
Lo stesso era accaduto nel 2001, quando il
leader del centrodestra aveva voluto evitare
Rutelli.
Furono studiati fin nell’ultimo dettaglio, invece,
i due confronti tra Prodi e Veltroni nello studio
di Bruno Vespa in occasione delle politiche del
2006.
Rimasto storico, tra gli altri, il faccia a faccia tra
Alessandra Mussolini e Antonio Bassolino, negli
studi di Santoro.
tra chi li rifiuta e chi
invece sta al gioco
NEL “TRIELLO”, FRANCESCHINI E MARINO
ì
Pier Luigi Bersani
Voto: 5
O nesto,
A L L’ATTACCO, BERSANI STA A GUARDARE
Il botta e risposta piu duro sull’immmigrazione
chiaro,
calmo.
Bersani è un
ottimo fondi-
sta ma sembra incapace di
bucare. Resta per la mag-
gior parte del tempo ripie-
gato su se stesso, a tratti è
visibilmente a disagio. So-
lo dopo essere stato attac-
cato per due volte sul caso
Bassolino risponde, ma in
modo indiretto e contorto.
Appare molto più efficace
quando parla di alleanze e
di politica economica. Sa-
rebbe stato un leader per-
fetto. Cinquant’anni fa.
Dario Franceschini
Voto: 6
P er le pri-
me nei film di Sergio Leo-
ne, in cui ogni conten-
dente è sotto il fuoco con-
temporaneo di due mirini. Inve-
ce, a sorpresa, Pierlugi Bersani
ha scelto di restare un passo in-
dietro, facendo quasi da spetta-
tore di un faccia a faccia fra Igna-
zio Marino e Dario Franceschi-
ni. È questo il primo verdetto
che esce dalla sfida di ieri, cele-
brata nella meravigliosa cornice
dell’Acquario di Roma dove
(dopo una lunga e laboriosa trat-
tativa diplomatica) i tre sfidanti
per la segretaria del Pd si sono
ritrovati per un duello trasmes-
so in diretta dal canale satellita-
re del partito, Youdem-tv. Una
scelta, che, malgrado gli altri in-
viti di tutti i canali, era l’unica
che ha messo d’accordo tutti.
La strategia di Bersani? Pe r
tutto il match l’ex Ministro ha
scelto di non interloquire mai
direttamente con i suoi due sfi-
danti. Marino e Franceschini, in-
vece hanno polemizzato tra di
loro, anche con grande durezza,
chiamandosi spesso per nome.
Ad esempio sul problema ener-
getico, quando il segretario
uscente è sbottato contro il chi-
rurgo, che ripeteva: “Io sono
contro il nucleare, e voi?”. Fran-
ceschini a quel punto ha alzato
la voce: “Ignazio, prova a met-
tere in campo le tue idee senza
attribuirne agli altri quelle che
non sono loro dall’alto di un pie-
distallo! Io che sono contro il
nucleare l’ho detto e ridetto! Ca-
pisco che eri in America, ma
adesso sei in Italia!”. Così la do-
manda che restava sul taccuino
era questa. Come mai Bersani si
è tenuto sempre un passo indie-
tro? Per un calcolo tattico, for-
se? Per il consiglio di qualche
esperto di immagine (dopotut-
to è lui in testa, dopo il voto de-
gli iscritti), per restare fedele ad
uno stile politico, oppure per
una difficoltà reale a entrare in
una partita dialettica? Alla fine
della sfida il dubbio serpeggiava
tra i cronisti e gli addetti ai la-
vori. L’immagine che colpisce è
quella dell’ex ministro dell’In-
dustria che alla domanda sulla
possibilità di celebrare altri con-
fronti, quando non è inquadrato
dalla telecamera, si appoggia la
mano sulla fronte come per di-
re: “Oddìo…”. . Mentre quel ge-
sto si compie Marino attacca: “È
da quando siamo in campo che
lo chiedo!”. Franceschini spie-
ga: “Pensavo che nella prima fa-
se si dovesse dare priorità al
confronto tra gli iscritti. Adesso
sono disponibile al confronto
su qualsiasi canale”. La palla tor-
na a Bersani. L’ex Ministro la
prende larga: “Vediamo, valutia-
mo…”.
Look & battute La scena è que-
sta: i tre intorno ad un tavolo, i
due conduttori di fronte, in pie-
di, davanti ad un podietto di Ple-
xigass. I cronisti seguono
dall’alto come se fosse su di un
loggione. Marino pare prepara-
dei contendenti. Maurizio Man-
noni è molto bravo e per nulla
ingessato. Il primo nodo sono i
rapporti nel Pd. Si parla del co-
siddetto lodo Scalfari, la possi-
bilità di accordo tra i conten-
denti per aggirare lo statuto e
nominare segretario quello che
arriva primo alle primarie. Fran-
ceschini difende la tesi: “Io cre-
do che si debba fare segretario
chi prende anche un solo voto
in più. Non mi interessa e non so
se mi conviene, so che è giusto”.
Ma Marino ribatte colpo su col-
po: “Vengo da un paese anglo-
sassone, e sono abituato all’idea
che le regole sono regole. Non si
possono cambiare in corsa, in
tre, davanti ad un caffè!”. Poi,
con un’altra frecciata: “Non è
che io e i sostenitori della mia
mozione abbiamo scritto Gio-
condo in fronte”. Il botta e ri-
sposta più duro si celebra sul te-
ma dell’immigrazione. Ancora
una volta è Marino a prendere di
mira Franceschini e ad attacca-
re. “Una volta hai detto che i re-
spingimenti non andavano be-
ne, poi che erano necessari… ”.
Franceschini esprime un punto
diverso: “I respingimenti sono
giusti. Il problema è come li fa il
centrodestra. Quando un uomo
è in mare va salvato e basta!”.
Marino, come era prevedibile
attacca sulla Binetti, non può
stare nel Pd, dice. Bersani mette
un paletto: “Dobbiamo darci
delle regole. Che purtroppo ora
non ci sono”. Franceschini per-
sonalizza di nuovo l’affondo su
Marino: “Vuoi espellere chi non
ha le tue idee!”.Bersani azzecca
la battuta sul tema della libertà
di informazione: “Sono andati a
vedere di che colore sono i cal-
zini del giudice di Berlusconi!” .
Alla fine del match, tutti sono
convinti di aver vinto loro.
L’unica cosa certa, invece, è che
quello di ieri era solo solo il pri-
mo round.
me due ri-
sposte non tro-
va la camera su
cui parlare, e
dà l’impressione di guar-
dare di lato. Dalle seconda
domanda in poi si fa più
vivace. Dialetticamente ef-
ficace, è l’unico, in due oc-
casioni, che interrompe
l’avversario. La cosa che
gli riesce più difficile, è il
posizionamento tra gli al-
tri due: Marino appare si-
curamente più “nuovo”,
Bersani più “af fidabile”.
Lui sembra essere una via
di mezzo: chissà che non
diventi un punto di forza?
Ignazio Marino
Voto: 7,5
S i gioca be-
Il confronto televisivo degli aspiranti leader democratici visto da Manolo Fucecchi
L’ex Ministro non
interloquisce mai
con i suoi avversari,
che si scontrano tra
loro con durezza
Quando il confronto
inizia la tensione ap-
pare sui volti di tutti.
Marino è subito
all’attacco. Usa im-
magini chiare, uno
stile anglosassone:
“La sanità deve resta-
re pubblica, perché
è il luogo su cui si mi-
sura l’uguaglianza
fra i cittadini”. Poi il
paragone che resta
impresso: “In Italia ci sono mille
ospedali, 600 sono stati costrui-
ti prima del 1940. È giusto fare
grandi opere o provare ad am-
moder narli?”. Marino chiede di
dismettere la pratica delle nomi-
ne politiche: “Un cittadino deve
sapere che ha il miglior prima-
rio, non l’amico di un politico”.
Franceschini trova il modo di di-
re una cosa in più: “Allora dob-
biamo uscire in modo unilatera-
le da questa pratica nelle regioni
in cui governiamo noi”. La bat-
tuta più felice di Bersani, inve-
ce, è quella con cui risponde a
Franceschini che evoca l’inciu-
cio come per addossarne la re-
sponsabilità a D’Alema, il prin-
cipale supporter dell’ex mini-
stro: “Caro Dario, abbiamo ini-
ziato la legislatura chiacchieran-
do con Berlusconi quindi… - si
riferisce alla segreteria Veltroni
in cui Franceschini era vice – il
più grande antiberlusconiano,
per me, è quello che lo manda a
casa”.
Regole & valor i Le domande
sono dodici, il pubblico diviso
in tre, in modo rigoroso, tra i fan
nissimo le
sue carte da
outsider, e rie-
sce nel compi-
to più difficile spostare il
baricentro della sfida. Ri-
spetto agli altri due sem-
bra praticamente un mar-
ziano. In tutti i suoi inter-
venti ha cura di citare
sempre un esempio accat-
tivante o un dato sorpren-
dente. La battuta più folgo-
rante: “Mi confronto con
due avversari che hanno
avuto un ruolo politico
importante nel secolo
scorso”.
to per la prima comunione: ha
una bella mano di cipria sul viso,
i capelli tirati a lucido. Bersani è
un passo indietro, gioca con il
sigaro spento, scherza: “Ehhh,
diamoci da fare”. Franceschini
arriva all’ultimo momento, solo
per le foto di rito con un sorriso
smagliante: “Ci siamo?”.
IlPdsardoschieraun“intercettatore”alleprimarie
Cugusi, condannato nel 2005 a un anno di carcere: registrava le telefonate dei colleghi giornalisti
di Mauro Lissia
accusato dal pool di Giancarlo Caselli
di gestire illegalmente un’organizza-
zione parallela all’antisequestri. Cro-
nista all’ Unione Sarda , Cugusi era già
noto per uno scoop memorabile: con-
fuse la pelle di una cernia arrostita in
spiaggia da un gruppo di gitanti per i
resti dei piloti di un elicottero della Fi-
nanza. D’altronde il ruolo di cronista
gli andava stretto. Al pm Antonio In-
groia che lo interroga sugli sviluppi
del sequestro di Silvia Melis, in cui è
indagato Grauso,
confessa candida-
mente: “Facevo il se-
gretario dell’edito-
re”. Lasciata, non
trattenuto, la reda-
zione dell’ Unione
Sarda , nel 2000 Cu-
gusi vince un con-
corso su misura ban-
dito dall’amico pre-
sidente del Consi-
glio regionale Efisio Serrenti. Dopo
una nuova parentesi da cronista a Epo-
lis si concentra sulla politica dimenti-
cando anche l’esperienza nel diritto
penitenziario, vissuta dall’esterno: as-
sistente volontario nell’ateneo di Ca-
gliari. Scrive “Schiavi dei call center” e
nel 2007 cura il libro “L’unione fa la
sinistra” di Pietro Folena e circa un an-
no dopo è direttore di un corso privato
di giornalismo. Agli allievi viene fatto
firmare un contratto intestato a una so-
cietà inesistente e
due di loro portano le
carte in Procura: par-
te un’inchiesta per
truffa, ancora in cor-
so. Cugusi lascia la
cattedra e ripara in
consiglio comunale,
dove occupa il banco
di Rifondazione ma si
guarda intorno. In vi-
sta delle elezioni re-
ni telefoniche forse il Pd sardo ha
pensato di candidare alle primarie
dell’isola uno specialista nel ramo: si
chiama Claudio Cugusi, è il capolista
dei Riformisti e Democratici per Ber-
sani e Lai a Cagliari. Consigliere comu-
nale e addetto stampa del consiglio re-
gionale dopo un’ondivaga carriera da
giornalista, l’11 agosto del 2005 è stato
definitivamente condannato a un an-
no di carcere a conclusione dei tre gra-
di del giudizio abbreviato, colpevole
di aver installato insieme all’allora edi-
tore del suo giornale, l’ Unione sarda , Ni-
chi Grauso un apparecchio per regi-
strare le conversazioni telefoniche di
giornalisti ostili al padrone, a sua volta
condannato a due anni ma salvato dal-
la prescrizione. Era la fine degli anni
‘90: in Sardegna infuriava il caso Lom-
bardini, dal nome del giudice-sceriffo
Claudio Cugusi
Il commissario
del partito,
Passoni: “Io
non ne sapevo
nulla”
gionali del febbraio scorso passa al Pd.
Ora col posto in cima a una lista per le
primarie ha una poltrona garantita nel-
la prossima assemblea regionale. Ba-
sta che vinca Bersani. E i vertici del par-
tito? Il commissario Achille Passoni ca-
de dalle nuvole: “Non ne sapevo nulla,
chieda a Silvio Lai”. Il quale, pur soste-
nuto dalla lista di Cugusi, ne sa ancora
meno: “Gli organi locali del partito
non mi hanno segnalato anomalie”.
LA PAGELLA
di Luca Telese
D eva essere un “tr iello”, co-
I n tempi di guerra alle intercettazio-
167362770.024.png 167362770.025.png 167362770.026.png 167362770.027.png 167362770.028.png 167362770.029.png 167362770.030.png 167362770.031.png 167362770.032.png 167362770.033.png
Sabato 17 ottobre 2009
E’ il 3 febbraio 2009 quando
pagina 3
PD
Dall’omicidio
un commando uccide Luigi
Tommasino, consigliere del
Partito Democratico, ex segretario della
Margherita e fratello di un ex assessore.
Luogo dell’omicidio, il piazzale antistante il
Tribunale di Castellammare di Stabia,
Napoli. Otto mesi dopo, le indagini portano
ad identificare i presunti killer di
Tommasino: Salvatore Belviso, Catello
Romano, Renato Cavaliere e Raffaele
Polito. Ma la notizia che fa saltare sulla sedia
è che almeno uno di loro è iscritto al Pd. Il
commissario provinciale Enrico Morando si
affretta ad espellerlo dal partito e decreta il
commissariamento del circolo di
Castellammare “per procedere ad una
minuziosa verifica del tesseramento
realizzato nel settembre 2008, anche
ricercando la collaborazione degli organismi
inquirenti, e per garantire massima
trasparenza alle imminenti primarie”.
Anche se il circolo aveva già istituito una
commissione ad hoc per filtrare le adesioni.
alla scoperta
dei presunti killer
di Castellammare
Commissariato il Pd locale, Morando:
“Forse falsificate le iscrizioni”
di Vincenzo Iurillo
vecchie pratiche democristia-
ne. Gli iscritti non sono andati a
votare perché nessuno li ha
chiamati. I circa 700 voti sono i
‘veri’ tesserati”. Gli altri sareb-
bero i numeri gonfiati da capi-
bastone che non ci sono più.
Trasmessi senza filtro a Napoli,
conferma l’ex segretario pro-
vinciale Luigi Nicolais: “Non mi
giunse nessuna segnalazione di
iscritti ‘sospetti’”. Strano: a Ca-
stellammare erano già successe
cose strane in un recente pas-
sato. Nel 2007 le telecamere di
Striscia la Notizia documentaro-
no l’esistenza di tessere della
Margherita intestate a stabiesi
defunti: fu proprio Tommasi-
no, insieme al presidente del
consiglio dell’epoca Antonio
Iovino, a sollecitare l’arrivo de-
gli inviati di Canale 5.
Anche a Castellammare i demo-
cratici hanno disperso le ener-
gie migliori in interminabili be-
ghe interne. Scaturite dalla de-
cisione di Vozza, esponente sto-
rico del Pci-Pds-Ds, tre mandati
parlamentari alle spalle, di non
aderire al Pd. Era stato eletto nel
2005 in quota Quercia e molti
vecchi ‘compagni’ non glielo
hanno perdonato. Pezzi di Pd
capitanati dall’ex presidente
dell’Ato 2 Alberto Irace, dall’ex
assessore Annapaola Mormone
e dal capogruppo Nino Longo-
bardi, hanno iniziato a mettersi
di traverso. Altri pezzi hanno
teorizzato il sostegno senza se e
senza ma all’amministrazione,
almeno sino a fine mandato: Ni-
cola Corrado, Tonino Cinque, il
presidente dell’Ato 3 Peppe
Bruno. La guerra si è trasferita
all’interno del circolo. Bisogna-
va conquistarlo per poterne
orientare le scelte ufficiali sulla
giunta Vozza. Si è invece aperta
una gara a chi staccava più ta-
gliandi da far pesare sulla bilan-
cia dei congressi e delle elezio-
ni degli organismi dirigenti lo-
cali. Chi è rimasto all’asciutto di
nomine e candidature, se ne è
andato. Mentre le tessere si cu-
mulavano. Alle elezioni euro-
pee qui ha fatto il pieno di pre-
ferenze il bassoliniano Andrea
Cozzolino, distanziando il fran-
ceschiniano nolano Pasquale
Sommese. La candidata antica-
morra Rosaria Capacchione,
Napoli
I l day after del Pd di Castel-
lammare di Stabia, che da
ieri è commissariato, è nel
volto del vice sindaco de-
mocratico Nicola Corrado.
Stanco, triste e segnato dalle oc-
chiaie. La scoperta che qualcu-
no dei quattro componenti del
commando camorrista che ha
ucciso il consigliere comunale
Pd Luigi Tommasino aveva una
tessera dello stesso partito in ta-
sca è un boccone amaro. So-
prattutto per lui. Nicola Corra-
do è il figlio di Sebastiano Cor-
rado, consigliere comunale del
Pds assassinato nel 1992. Pare-
va la vittima di un omicidio di
camorra, invece emerse una
storia di tangenti intorno all’Usl
35. Nicola aveva 18 anni e da al-
lora ha animato numerose ini-
ziative nei movimenti per la le-
galità.
Diciassette anni dopo, ancora
dubbi e domande sulla questio-
ne morale nella politica stabie-
se. Che partono dall’inchiesta
sul movente dell’omicidio
Tommasino – si indaga su una
somma di denaro che il consi-
gliere Pd avrebbe sottratto ai
clan in relazione ad alcuni affari
delle Terme stabiane – e da un
tesseramento record, 2998 tes-
sere, seguito da appena 712 vo-
ti al congresso. Corrado, il lea-
der della delegazione democra-
tica nella giunta guidata dal sin-
daco vendoliano Salvatore Voz-
za, fornisce questa spiegazione
all’affluenza flop: “Il gruppo Pd
nel settembre 2008 aveva 13
consiglieri, ora ne ha solo cin-
que. Un consigliere provinciale
eletto qui è uscito dal partito.
Purtroppo abbiamo mutuato le
Un sostenitore del Partito democratico
giornalista casertana che vive
sotto scorta per le minacce dei
casalesi, tenne in un cinema sta-
biese un’iniziativa elettorale tre
settimane prima del voto: ven-
nero soltanto in quindici.
Ora, mentre Vozza invoca la
commissione d’accesso in Mu-
nicipio, il Pd cerca di ricostruir-
si dalle macerie commissarian-
do il circolo e espellendo il pre-
sunto killer Catello Romano. Il
direttivo stabiese ha emesso
una nota per chiedere che il
partito si costituisca parte civi-
le contro Romano e ribadendo
l’impegno anticamorra della se-
zione, escludendo “l’esistenza
di ogni minimo rapporto del Pd
con la delinquenza”. E preci-
sando che Salvatore Belviso, un
altro componente del com-
mando, non è iscritto al partito.
Nel report-elenco degli iscritti
della sezione stabiese un Salva-
tore Belviso c’è. Ma come molti
altri nomi, è privo della data di
nascita. All’anagrafe municipa-
le ne risulterebbero tre con età
lievemente diverse. Enrico Mo-
rando, commissario provincia-
le del Pd, non ha le stesse cer-
tezze e misura con attenzione le
parole: “Al momento non abbia-
mo gli elementi per dire che si
tratti della stessa persona, ma
non possiamo nemmeno esclu-
derlo. Bisogna fare ulteriori ac-
certamenti. Non vorremmo
fosse avvenuta una registrazio-
ne con dato falsificato sciente-
mente”.
MEZZOGIORNO DEMOCRAT
VOTI, APPALTI E “PIEZZ’E CORE”: LE PRIMARIE INQUINATE
solo un ricordo. Di Benigno Zaccagnini si è
persa pure la memoria. I voti sono voti e le pri-
marie del Pd sono diventate un vero e proprio
Vietnam della politica. Bersani, Franceschini e Ma-
rino, la vera partita si gioca sul territorio, nelle re-
gioni dove si scelgono i segretari, e dove anche chi
sa di perdere punta a conquistare quote di potere
utili per condizionare le
scelte future. Candida-
ture alle prossime ele-
zioni regionali, distribu-
zione del potere locale
nelle città. Per questa ra-
gione le tessere cresco-
no, si moltiplicano,
spesso in modo esagera-
to rispetto alla stessa for-
za elettorale del Pd sul
territorio. Castellamma-
re di Stabia, l'ex “Stalin-
grado” del Sud, è certa-
mente un caso limite, in
grado, però, di racconta-
re la storia di un tessera-
mento gonfiato, senza
filtri, di interi pacchetti
acquistati dai capicor-
rente e dai cacicchi loca-
li. Roba da fari impallidi-
re la peggiore Dc o il vec-
chio Psdi di Tanassi. So-
no gli stessi dirigenti del
Pd a parlarne. Fernanda
Gigliotti, candidata per
la mozione Marino alla
segreteria regionale del
partito in Calabria: “Qui
il congresso del Pd è sta-
to preceduto da un tes-
seramento anomalo, sospetto, ingiustificato, per
numero e nomi di tesserati”. In Calabria controllare
il partito significa decidere la sorte politica di Aga-
zio Loiero. Sarà lui il candidato alla poltrona di go-
vernatore? È su questo dilemma che si è acutizzatto
lo scontro delle tessere. E senza esclusione di colpi.
A Catanzaro centro hanno votato in 680, 470 per la
mozione Bersani, ma gli iscritti sono solo 370. Una
moltiplicazione dei pani e dei pesci che ha trovato il
suo punto di esaltazione massima in provincia di
Reggio dove si concentra il 92% dei voti a favore dei
bersaniani. Risultati amari per i seguaci di Dario
Franceschini che hanno deciso di abbandonare i
congressi di circolo a Reggio e a Vibo Valentia. A
Cosenza, invece, è finita a botte tra gli iscritti. Chi le
ha prese e chi le ha date, e chi è andato dai cara-
binieri per denunciare. “Le primarie? Roba da igno-
ranti”. È il lapidario giudizio di Vincenzo De Luca, il
sindaco di Salerno. Non gli piacciono. Si è autocan-
didato alla carica di governatore in Campania e non
gli va di sottoporsi al giudizio di capielettori e iscrit-
ti. Nel frattempo, però, l'eterno avversario di An-
tonio Bassolino, alle primarie partecipa e come.
Non direttamente, ma col figlio Pietro, un giovane
avvocato che lavora a Bruxelles, capolista per la mo-
zione Bersani. “I figli so piezz'e core”, tanto che allle
scorse elezioni politiche De Luca – da
sempre fiero oppositore del “familismo”
bassoliniano – aveva proposto il suo ram-
pollo come candidato alla Camera. Ora
papà si dà da fare, partecipa a convention,
dibattiti, e soprattutto mobilita il suo va-
sto elettorato. Da cinque-seimila a dodi-
cimila tessere. E tutto in pochi giorni. Ac-
cade a Caserta, dove il 40% dei tagliandi
non risulta pagato. E tante tessere portava
al partito Andrea Lettieri, sindaco di Gri-
cignano e già assessore alla Provincia. Sul
groppone un avviso di garanzia per asso-
ciazione mafiosa e l'accusa da parte del
boss pentito Paolo Di Grazia di aver rice-
vuto favori in cambio di voti. Dopo l'in-
chiesta Lettieri si è autosospeso dal Pd, nessuno lo
ha espulso. Franco Capobianco, invece, non si è vo-
luta far sfuggire l'occasione di rappresentare Ber-
sani a Caserta. Figlio di Giuseppe, storico e rimpian-
to dirigente del Pci in Terra di Lavoro, è finito nelle
maglie dell'inchiesta sulla “Biopower”, 27 indagati
con l'accusa di associazione per delinquere e truffa
alla Regione Campania. Mirello Crisafulli da una par-
te, Francantonio Genovese dall'altra. Da Enna a Mes-
sina: in Sicilia i capielettori si dividono tra Giuseppe
Lupo, candidato per l'area Franceschini e Bernardo
Mattarella per i bersaniani. Perfette macchine da vo-
ti. Lupo, che oltre all'imprenditore messinese ha il
sostegno dell'ex ministro Totò Cardinale e di Sergio
D'Antoni, ha portato a casa quasi ventimila voti
(9mila dalla sola Messina), Mattarella è a quota 13mi-
la, Giuseppe Lumia, senatore e da sempre nella
Commissione antimafia, è poco sopra i 12mila voti.
E' fuori dalle correnti e dai giochi dei grandi elettori
siciliani. Se Rosario Crocetta, il sindaco antimafia di
Gela lo sostiene, buona parte dei dirigenti del Pd lo
vede con fastidio. Suo storico avversario è proprio
Crisafulli, l'uomo che stringe sempre mille mani in
periodo elettorale. Quando a dicembre del
2001strinse quella dell'avvocato Raffaele Bevilac-
qua, ritenuto il boss provinciale della mafia di Enna,
magistrati e giornali lo mi-
sero in croce. In un alber-
go, con le telecamere della
Dia che registravano tutto, i
due parlavano amabilmen-
te di affari e politica. “L'ap-
palto a chi lo hai dato?”,
chiese l'avvocato boss. “Ai
fratelli Gulino, gli unici che
lo possono fare”. Bevilac-
qua forse voleva qualcosa
per sé e storse il naso. “Fa t t i
i cazzi tuoi”, fu la lapidaria
risposta di Crisafulli. L'in-
chiesta andò avanti e fu ar-
chiviata, le polemiche no.
MINUTI DI SILENZIO
Camera da pranzo
L a morte di Maria Angiolillo equiparata a
quella dei caduti a Kabul. È davvero accaduto
alla Camera mercoledì scorso quando -leggiamo
dal Messaggero- la notizia è stata comunicata in
aula dal deputato del Pdl, Giuseppe Consolo che
ha chiesto un minuto di silenzio per commemo-
rare la defunta al presidente di turno Antonio
Leone (Pdl anch'egli), che si è riservato di comu-
nicare la richiesta al presidente Gianfranco Fini.
L'omaggio istituzionale - apprendiamo dal Cor-
riere della sera - ha vivamente emozionato l'ex
senatore Mario d'Urso (“Maria ne sarà felice”). La
Angiolillo era una simpatica signora che doven-
do affrontare le difficoltà materiali della vita ave-
va messo cuoco e relativo salotto a disposizione
di un gruppo di potenti e presunti tali, mescolati
a mondani incanutiti. Probabilmente gli stessi
che dopo aver pasteggiato e sbevazzato per anni
le tributano i più alti onori scambiando la loro
camera da pranzo per la Camera dei deputati.
Dalla Calabria
alla Campania:
la “fame”
di consenso,
le alleanze e gli
scandali della
mala politica
Le tessere sospette
di Enrico Fierro
E nrico Berlinguer e la questione morale sono
167362770.034.png 167362770.035.png 167362770.036.png 167362770.037.png
pagina 4
I l “tormentone” non è lungo un’estate,
Sabato 17 ottobre 2009
REGIME
Caffè e cappuccino
ma quindici anni. Dal 1993 quando
Berlusconi dichiarò il suo voto virtuale
per Gianfranco Fini, contrapposto a Francesco
Rutelli nella carica di sindaco di Roma. Da allora
un alternarsi di complicità, distinguo,
riavvicinamenti, prese di distanza più o meno
marcate.
Nel 1997, Fini, diede “dell’incauto” a B. per i
suoi attacchi alla Procura di Palermo. Bufera.
Conclusa con un caffé e due cappuccini
agevolati dal sempre presente Gianni Letta. Fu
la prima volta. Fino al 21 settembre scorso.
Dopo l’ennesimo strappo (l’articolo di Vittorio
Feltri su il Giornale), il premier propone un
incontro chiarificatorio. “Va bene, ma per dirci
cosa?” la risposta stizzita di Fini. Si farà: è il
solito pranzo, nella solita casa di Letta, alla
Camilluccia. Il risultato è meno positivo del
solito: all’uscita, Berlusconi manifesta il suo
entusiasmo: “Clima cordiale e sereno”. Il
presidente della Camera, meno: “Le parole non
bastano, servono i fatti!”. E giù ancora gelo. Fino
a questi giorni.
per ricucire il primo
strappo con Gianfranco
CAMBIO LA COSTITUZIONE DA SOLO
“Fine vita”
lo strano
silenzio
sui 41
preti
ever sori
Berlusconi da Sofia invoca il popolo e annuncia anche
una riforma anti-giudici. Fini avverte: niente blitz
di Andrea Gagliarducci
di Wanda Marra
“C ambio la Costituzione
sorpresa da parte di Berlusconi
sulla giustizia, sulla separazione
delle carriere, come sul Csm.
No anche a qualche altra leggina
palesemente ad hoc per il Cava-
liere e soprattutto no al proget-
to di mettere i pm sotto l’esecu-
tivo. Su questo sarebbe d’accor-
do anche Bossi, al quale il Pre-
mier ha appena assicurato la
candidatura alla Presidenza del
Veneto nelle prossime regiona-
li.
Ma in realtà , passano meno di
24 ore e il Cavaliere prova di
nuovo a fare il colpo di mano:
bisogna "prendere il toro per le
corna" e fare una riforma costi-
tuzionale per cambiare la giusti-
zia, annuncia. Ancora una volta,
Berlusconi sceglie di andare
all’attacco e di andarci da solo,
senza gtenere conto degli allea-
ti. "Una riforma - spiega - che fac-
cia del nostro Paese una demo-
crazia vera non soggetta al po-
tere di un ordine che non ha le-
gittimazione elettorale". Per ot-
tenere questo, non avrebbe ti-
more di ricorrere anche al refe-
rendum per modificare la Costi-
tuzione. Questo anche visto il
suo pessimismo sulla possibilità
di un dialogo: "Con questa op-
posizione ho poche speranze
che ci possa essere un dialogo
visto anche il modo in cui si
esprimono". Poi, il capo del Go-
verno non rinuncia al solito ri-
tornello vittimista. "Accusano
me di violenza verbale ma se c'è
una persona non violenta sono
io", è la tesi del Cavaliere. E "la
decisione della Corte costitu-
zionale sul lodo Alfano è assolu-
tamente non condivisibile”.
Perché, “praticamente la Corte
ha detto ai pm rossi di Milano:
'riaprite la caccia all'uomo nei
confronti del Premier'".
Anche questa volta non si fa at-
tendere lo stop di Fini: "Quando
si fanno le riforme bisogna ri-
cordare che le Istituzioni sono
di tutti" e non dimenticare "che
una riforma a maggioranza è già
stata fatta e poi è stato attivato il
referendum", previsto dalla Co-
stituzione, "che l'ha bocciata".
Gianfranco Fini ha anche sotto-
lineato: "Ci sono alcuni elemen-
ti come la fine del bicamerali-
smo perfetto, la riduzione del
numero dei parlamentari, il Se-
nato delle Regioni su cui c'è la
possibilità di fare riforme condi-
vise. Se c'è la volontà, lo si fa".
Fini ha quindi ricordato: "I co-
stituenti hanno previsto le mo-
difiche costituzionali attraverso
l'articolo 138, che include an-
che un referendum, nel caso in
cui la maggioranza sia inferiore
ai due terzi e, quindi, non sia
piu' ampia di quella di gover-
no".
Berlusconi ieri è tornato anche
sulla battuta detta a Rosi Bindi a
Porta a Porta, che in una ipote-
tica classifica, si pone al top del-
le sue peggiori (“Lei è più bella
che intelligente”): “Mi dispiace
per la Bindi. Era un momento di
delusione". Ma quella che sem-
bra una richiesta di scuse, si tra-
sforma nella solita giustificazio-
ne: "E' stata una battuta di spi-
religiosi apposero la loro
firma in calce all’appello
“Per la libertà sul fine vita”
promosso dalla rivista Mi-
croMega. Per tutti loro è par-
tita un’ammonizione del
Congregazione per la Dottri-
na della Fede. Un’iniziativa
“di massa” con pochi prece-
denti nella Chiesa. Alla quale
la rivista MicroMega, Adista
(l’agenzia di stampa di infor-
mazione religiosa che per
prima ha anticipato la noti-
zia) e la Comunità Cristiana
di Base di San Paolo rispon-
dono con un’assemblea
pubblica presso il salone
della Comunità di San Paolo
per rivendicare “il Diritto di
Dialogo all’interno della
Chiesa”, e manifestare soli-
darietà verso i 41 sacerdoti.
Come rivelato dall’agenzia
di stampa di Adista, la lettera
del Sant’Uffizio è stata invia-
ta ai vescovi e ai superiori
delle congregazioni dei reli-
giosi che hanno sottoscritto
l’appello di MicroMega,
chiedendo di convocare i di-
retti interessati e, eventual-
mente, decidere qualche
provvedimento disciplina-
re. Qualche convocazione è
già partita, ma sembra che
non ci saranno particolari
provvedimenti.
Ad ogni modo, spiega Vale-
rio Gigante di Adista, “pen-
siamo sia giusto non lasciar
passare questo fatto sotto si-
lenzio. Vogliamo rompere
un muro che c’è all’interno
della stessa Chiesa: spesso i
sacerdoti non prendono la
parola perché temono di es-
sere marginalizzati e puni-
ti”. E infatti, continua Gigan-
te, “tutti i media ecclesiastici
hanno silenziato il dibattito
sul caso Eluana Englaro. La
posizione all’interno della
Chiesa non era solo quella
veicolata dalle pagine di Av-
ve n i re ”.
Lo dimostra, appunto, la fir-
ma apposta dai 41 sacerdoti
e religiosi all’appello di Mi-
croMega, nella quale si leg-
geva che “la legge sul testa-
mento biologico che il go-
verno e la maggioranza si ap-
prestano a votare imprigio-
na la libertà di tutti i prota-
gonisti coinvolti al momen-
to supremo della morte. De-
finendo il nutrimento e
l’idratazione forzati come
cura ordinaria e obbliga e
non più come intervento te-
rapeutica straordinario, la
legge annulla ogni possibili-
tà di valutazione sull’accani-
mento terapeutico”.
All’incontro parteciperan-
no, di sicuro, don Enzo Maz-
zi, don Paolo Farinella, don
Raffaele Garofalo e dom Gio-
vanni Franzoni, che hanno
spiegato la loro adesione
con “un dovere di solidarie-
tà reciproca: di fronte ai no-
stri vescovi e alla Chiesa non
siamo soli”.
e ricorro al popolo”.
Gli annunci si susse-
guono giorno dopo
giorno. E questa volta Silvio Ber-
lusconi annuncia così da Sofia le
sue intenzioni di riformare la
giustizia. In Bulgaria, ancora
una volta, il presidente del Con-
siglio esterna e va all’attacco.
Frasi forti, che annunciano un
progetto tendenzialmente ever-
sivo. Il Cavaliere non ha paura di
usare la parola “rivoluzione”:
forse ci vorranno tempi lunghi
per la riforma, ma “non è che le
Fa dietrofront a
modo suo sugli
insulti alla
Bindi. A L’Aquila
straparla:
“Chi mi tocca
il culo?”
Un’aula di tribunale (F OTO A NSA )
rito abbastanza conosciuta e di
largo consumo". Replica imme-
diata della Bindi: "Berlusconi
peggiora le cose. Invece di pren-
dere le distanze accredita 'il lar-
go consumo' di battute e offese
verso le donne. Si mette al pari
del Bagaglino e delle battute da
bar". Per rimanere in tema di
“battute da bar”, il Premier men-
tre è in Abruzzo a consegnare al-
cuni nuovi alloggi, non evita lo
show: “Adesso alzate le mani e
facciamo tutti le corna...”, dice
ai volontari. E scherza: “Chi mi
sta toccando il cu..?”.
rivoluzioni si possono fare in
tempi brevi", spiega. Mentre di-
chiara che anche gli alleati sa-
rebbero concordi: ”Siete voi
che vedete discordie".
Ma le spaccature nella maggio-
ranza sembrano persistere. No-
nostante l’incontro dell’altroie-
ri tra il Presidente della Camera,
Fini, accompagnato da Giulia
Bongiorno, da una parte e il ca-
po del Governo, accompagnato
da Ghedini, dall’altra. Sembrava
si fosse arrivati a un accordo di
massima, con un’apertura di
fondo da parte del Presidente
della Camera alle riforme, ma
contemporaneamente uno
stop chiaro a qualsiasi “uscita” a
TELEVISIONE
B. E “LA VOLPE E L’UVA” CON ANNOZERO
Annozero e la Rai potevano passare la
nottata. L’attacco in differita è pronto
per la mattina, al risveglio di chi dormiva
con un dilemma: Berlusconi voleva parlare
con Santoro o era una finta? Doppia risposta:
voleva alzare la fiammella sul programma per
arrostire la Rai con le previsioni sul canone.
Iniziamo dal principio. Ore 23:12, ultima par-
te di Annozero, dalla Bulgaria chiedono la li-
nea. Dalla città dell’editto, un’altra visita uf-
ficiale a sette anni dal repulisti, Silvio Berlu-
sconi vorrebbe intervenire. Michele Santoro
legge un bigliettino, annuncia la telefonata,
sbriciola la scaletta. Fatica sprecata. Per una
bizzarra coincidenza, proprio in quel fatidico
momento, toccava al superteste al processo
Previti, Stefania Ariosto. Nessun giallo, sol-
tanto un difettoso passaparola: il direttore di
Rai Due, Massimo Liofredi, avverte l’a n ge l o
custode di Annozero, il vice Massimo Lava-
tore che sobbalza dalla sedia e corre in cerca
di un autore. Che casotto, per un equivoco:
“La direzione mi ha allertato sulla possibilità
dell’intervento di Berlusconi e - spiega al Cor-
riere della Sera - ho fatto trasmettere il mes-
saggio a Santoro. ‘Berlusconi potrebbe inter-
venire’ è diventato, con l’assoluta buona fede
di Michele, un ‘Berlusconi vorrebbe interve-
nire’”. Finiti i giorni dei pareri legali smarriti
sulle scrivanie, adesso a Rai Due rallentano le
telefonate dall’estero. Nessun timore. Il pre-
sidente del Consiglio avrà preso nota sulla
puntata, non dimentica: “Una televisione
pubblica pagata con i soldi di tutti non do-
vrebbe ripetere in televisione i processi che
sono stati fatti o che sono ancora in corso nel-
le aule giudiziarie”. Caramelline. Il pezzo for-
te è in coda. Quando Berlusconi libera il suo
spirito da imprenditore brianzolo, il suo con-
flitto di interessi permanente e parla da pro-
prietario di Mediaset. Ben lieto di celebrare il
funerale della Rai: “Il 30% degli italiani, che
attualmente non paga il canone, supererà ab-
bondantemente il 50%. Ho sentito in giro una
serie di affermazioni da parte degli italiani
moderati, credo ci saranno brutte sorprese
per il bilancio della Rai la prossima volta”. Tra
parentesi: Annozero è stato seguito da 5 mi-
lioni e mezzo di telespettatori, altro che ros-
so.
Torniamo a giovedì. Il mancato collegamen-
to da Sofia avrà innervosito Berlusconi: l’uo-
mo che non deve chiedere mai, non può am-
mettere di aver sbagliato tempi e modalità. E
dunque smentisce: “Mi spendo in telefonate
RUINI DIXIT
Non solo svantaggi
dalla fine della Dc
La notizia di una
chiamata in diretta,
la smentita. “Il canone?
Non lo pagherà il 50%
degli italiani”
mattina il Cardinale Camillo Ruini ha ri-
flettuto sul mondo cattolico. Facendo parziale
autocritica: i cattolici talvolta peccano di “au-
toreferenzialità” perchè faticano a confrontar-
si con i fenomeni esterni al loro mondo. Certo
l’orientamento della modernità “non è favore-
vole al cattolicesimo”, ma anche la Chiesa “ha
una certa lentezza nel comprenderne e valo-
rizzarne gli aspetti positivi”. Parlando di temi
più politici, secondo il porporato in Italia ci
sarebbero forze desiderose di “ridurre il
più possibile la presenza dei cattolici nel
mondo della cultura”. Mentre la fine della
Dc è stata anche un vantaggio. Da una parte
ha significato la fine della presenza orga-
nizzata dei cattolici in politica, ma dall’altra
ha anche richiesto una presenza più forte
della Chiesa nella società.
più divertenti. Il contenuto? L’ho letto sta-
mattina sulle rassegne stampa”. Anche San-
toro vorrebbe capire: “Visto che in passato
mi sono espresso contro le telefonate im-
provvise in diretta, ho interpretato il bigliet-
tino come una richiesta di accordo. E quindi
ho detto simpaticamente che ci avrebbe fatto
molto piacere e che eravamo pronti”. La ri-
costruzione della serata è piena di contrad-
dizioni. Uno tra Berlusconi, Liofredi e Lava-
tore dichiara il falso. Per eccesso di zelo, così
ligi al dovere e al comando, forse i dirigenti
della Rai hanno frainteso una chiamata da So-
fia: volevano aggiornamenti su Annozero, e
basta. L’origine della catena è Liofredi, pro-
viamo: “Berlusconi? Dieci minuti fa, il diret-
tore generale Masi mi ha ricordato che non
posso rispondere alla stampa. Sono in riunio-
ne, non posso. Arrivederci!”.
IL NUOVO EDITTO BULGARO:
C inque mesi fa, 41 preti e
di Carlo Tecce
L a cena diplomatica di Sofia era al dolce.
I n un’intervista a Radio Vaticana, ieri
167362770.038.png 167362770.039.png 167362770.040.png 167362770.041.png 167362770.042.png 167362770.043.png
Sabato 17 ottobre 2009
N on ci ha girato intorno anche se il
pagina 5
PERSECUZIONI
Il “messaggio”
messaggio lì per lì non è stato
colto da molti. Matrix, puntata del
7 ottobre, Berlusconi si fa vivo al telefono per
commentare la sentenza che condanna Fininvest
per la vicenda Lodo Mondadori a pagare 750
milioni di euro. “Ci sono sopra le impronte
digitali della Cir” accusa il premier. E ancora:
“Sappiamo che (Mesiano, ndr) è un giudice di
estrema sinistra molto attivo, abbiamo molte
notizie, molto preoccupanti su questo giudice”.
“Il Fatto” segnala - unico - le parole del
presidente del Consiglio.
Che nei giorni successivi “chiarisce”: “Su quel
giudice ne sentiremo delle belle”. Detto-fatto: i
suoi - cioè del “Giornale” - cronisti si buttano
su Mesiano. Scavare, trovare scheletri la
missione che è loro affidata, come ancora “Il
Fatto” ha raccontato martedì scorso:
“Distruggete quel giudice” è stato il nostro
t i t o l o.
Risultato: la missione è stata “compiuta” con il
pedinamento fino in barberia finito su “Mattino
5” di giovedì e il servizio di ieri sul “Giornale”.
del premier: “Ne
sentiremo delle belle”
DELCAIMANO
Su Canale 5 pedinamenti e veleni
contro il giudice del Lodo Mondadori
gono e si nascondono. Sta
accadendo anche negli
studi Mediaset dopo il pe-
dinamento e la manganellatura
mediatica di cui è stato vittima il
giudice Raimondo Mesiano,
giovedì nel programma “Matti-
no 5”, condotto da Claudio Bra-
chino. E’ solo un atto (non l’ul-
timo) della caccia all’uomo con-
tro chi ha avuto l’ardire di con-
dannare i Berlusconi a pagare
750 milioni di euro.
Come abbiamo raccontato in
una serie di articoli, da una set-
timana i giornalisti del berlusco-
niano “Chi, diretto da Alfonso
Signorini sono stati spediti in
Calabria per trovare notizie sul-
la salute di Mesiano. Intanto una
seconda squadra era all’opera a
Milano. Mesiano è stato pedina-
to sotto casa e nei suoi sposta-
menti dalle telecamere. Il servi-
zio è stato trasmesso da “Matti-
no 5” mentre era ospite il con-
direttore responsabile de “Il
Gior nale” di Berlusconi, Ales-
sandro Sallusti. Come in tutti i
pestaggi che si rispettino i com-
piti erano ben divisi. Brachino
ha lanciato le immagini leggen-
do un articolo de “Il Giornale”:
“sulle stravaganze in giro per
Milano”. Le immagini del pedi-
namento erano comentate così:
“eccolo in giro per Milano, il
giudice Raimondo Mesia-
no....un comune cittadino”. Ap-
parentemente un servizio “in-
sulso e demenziale”, come lo ha
definito persino l’autore di Stri-
scia la Notizia, Antonio Ricci. In
realtà era qualcosa di peggio.
Un tentativo nemmeno troppo
mascherato di minare la credi-
bilità dell’autore della sentenza
da smontare. E soprattutto un
avvertimento per tutti i giudici
che domani dovranno decidere
le sorti dell’uomo più potente e
vendicativo d’Italia. La giovane
giornalista con contratto a ter-
mine alla quale era stato asse-
gnato il servizio aggiungeva
“Mesiano non è certo un citta-
dino qualunque. Alle sue strava-
ganze in realtà siamo ormai abi-
tuati”. Per dimostrare la tesi si
mostrava la sua attesa nervosa
davanti al barbiere. E persino la
scena (dietro le vetrine) del giu-
dice che si sbarbava. La chiusa
del servizio rendeva chiaro il
senso: “ecco ci regala un’altra
stranezza: guardatelo seduto su
una panchina. Camicia, panta-
lone blu, mocassino bianco e
calzino turchese”. Il rientro in
studio di Brachino portava a ter-
mine il mandato: “Ecco dall’ar-
ticolo de “Il giornale emerge
che tra le stravagnze di questo
giudice e la sua promozione c’è
qualcosa che non va”.
In realtà a non andare era l’ese-
cuzione mediatica di un giudice
indifeso con il telefono e l’indi-
rizzo scritti sulla guida. Ora che
è scoppiato il caso e sono stati
scoperti, gli esecutori materiali
tirano indietro la mano. “Le im-
magini non sono della mia reda-
Le immagini del servizio su Mesiano mandato in onda da “Mattino 5”
zione. Mi sono state offerte dalla
produzione. Capita spesso che
le comprino da agenzie ester-
ne”, dice Brachino. Una manina
le ha offerte alle redazioni Me-
diaset già la sera prima di Mat-
tino 5. Studio Aperto, le ha scar-
tate anche perché c’era poco
tempo. Il Tg5 le ha usate per po-
chi secondi in un servizio di An-
drea Pamparana che non parla-
va delle stravaganze ma solo del-
la promozione appena ottenu-
ta. “Quelle immagini erano di
Matrix, dice Pamparana a “Il Fat-
to Quotidiano”. In realtà l’unico
servizio di Matrix su Mesiano
era firmato da Luca Fazzo ed era
basato su immagini normali,
non rubate. “Quelle trasmesse
da Brachino non sono mie e non
sono di Matrix”, chiosa Fazzo.
E allora di chi sono? Chi è il re-
gista dell’operazione? Il croni-
sta che si sta occupando di Me-
siano per “Chi” è Gabriele Par-
piglia. Forse per questo nella re-
dazione a Mediaset gira voce
che dietro le immagini ci sia
l’ispirazione di Alfonso Signori-
ni. Brachino nega: “Parpiglia è
un mio collaboratore ma non mi
risulta che le immagini siano sta-
te girate da lui o da persone in-
viate da Chi”.
Per fortuna anche a Mediaset ci
sono professionisti seri. Uno dei
tre rappresentanti del cdr della
testata di Brachino, Pietro Su-
ber, ieri si è dimesso perché i
suoi colleghi non hanno preso
le distanze “dal servizio che la
Federazione della Stampa ha
chiamato pestaggio mediati-
co”.
I l premier che offende le donne offre alla Marcegaglia
una poltrona di governo. Speriamo che lei non ci caschi
Il ping pong
con il Giornale
Tro u p e
scatenate tra
Milano e la
Calabria. Il
giallo del video
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w w w. i l f a t t o q u o t i d i a n o. i t
Martedì 13 ottobre 2009 – Anno 1 – n° 18
Redazione: via Orazio n° 10 – 00193 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
2,00
Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
1,20 – Arretrati:
IMMOR AL
S UA S I O N
di Marco Travaglio
P
Caccia a Mesiano, autore della sentenza Mondadori
DISTRUGGETEQUELGIUDICE
B. SCATENA I SUOI “CRONI STI”
er la terza volta in quattro giorni il presidente
della Repubblica ha dovuto spiegare
pubblicamente la sua condotta.Evidentemente
non era ben chiara. E non lo era a causa di un
peccato originale che risale all’estate 2008. Il
Berlusconi III, appena insediato, infilò nel decreto
sicurezza già firmato da Napolitano un emendamento
che bloccava 100 mila processi per bloccarne due:
quelli in corso a carico del premier e di alcuni suoi
complici per gli affari Mills e Mediaset. Il Quirinale –
come ha ricordato ieri - avvertì di essere contrario
all’emendamento, mentre era favorevole a una legge
ordinaria che bloccasse i processi alle alte cariche
dello Stato: alle tre che non avevano processi e a
quella che ne aveva un bel po’. Nacque così il
cosiddetto Lodo Alfano, che non era un lodo e che un
imbarazzato Pd lasciò passare senza un nanosecondo
di ostruzionismo per non dispiacere al Colle ed
evitare che, nel frattempo, il processo
Mills-Berlusconi arrivasse a sentenza. Quando poi
Napolitano firmò quella porcheria, fece sapere che
superava le censure avanzate dalla Consulta nel 2004
bocciando l’altro scudo incostituzionale: il
Maccanico-Schifani. In realtà non le superava tutte,
ma solo alcune. I turiferari quirinalizi esaltarono la
“moral suasion”, cioè la prassi di anticipare il giudizio
sulle leggi in via di preparazione o di approvazione,
suggerendo come cambiarle per evitare bocciature.
Ma di questa prassi non c’è traccia nella Costituzione.
Articolo 74:“Il Presidente della Repubblica, prima di
promulgare la legge, può con messaggio motivato alle
Camere chiedere una nuova deliberazione”. Non c’è
scritto che la legge dev’essere “m a n i fe s t a m e n t e
incostituzionale”. Nè che il presidente possa
intervenire prima che la legge diventi tale, cioè venga
approvata dal Parlamento (ddl) o dal governo (dl).
Altrimenti - come fanno notare diversi
costituzionalisti - il presidente diventa coautore della
legge e, al momento di promulgarla o respingerla, si
ritrova in mano un testo che ha collaborato a scrivere.
Il che non rientra fra i suoi poteri. Stessa scena per il
decreto Englaro, quando Napolitano spedì una lettera
di contrarietà al Consiglio dei ministri mentre questo
stava deliberando; e per la legge sulle intercettazioni,
quest’estate, quando il ministro Alfano salì al Colle e si
sentì preavvertire – raccontò la Repubblica, mai
smentita - che il testo così com’era non sarebbe
passato. Così la maggioranza rinviò tutto all’autunno.
Le buone intenzioni della moral suasion sono fuori
discussione: si tenta, come direbbero i pompieri del
Corriere, di “evitare lo scontro”. Ma di buone
intenzioni è lastricato l’inferno. Soprattutto se, al
tavolo della moral suasion, siede un immoral tipetto
come Berlusconi. Il quale conosce due sole categorie
di interlocutori: i servi e i nemici. E, quando si siede al
tavolo, serve regolarmente al suo ospite un piatto di
letame fumante, prendere o lasciare. Al massimo,
bontà sua, concede di togliere un cucchiaino di
letame: il resto va ingurgitato tutto, con la faccia
radiosa e i complimenti al cuoco. Chi non mangia
diventa un nemico, comunista, golpista, nemico del
popolo. Ora si spera che, avendo assaggiato anche lui
il menu, il presidente ne prenda atto. E, al prossimo
piatto di letame che gli servono, lo respinga al
mittente tutto intero, con un bel messaggio motivato
alle Camere per spiegare che il Parlamento non è un
optional e che lui, quella roba lì, non la digerisce.
Il premier
minaccia : su
quella toga ne
sentirete delle
belle. Indagine a
tappeto di “Chi” e
del “Giornale”
Fierro e Mascali
di Marco Lillo
CONTRO MASI
COMPLOTTI E
CRISI DI NERVI
D
IL QUIRINALE
Napolitano:
rispettare
ilpluralismo
oveva cacciare Miche-
le Santoro per sempre
dallo schermo. Ed è riusci-
to a confezionargli una se-
rie di spot gratuiti che lo
hanno portato al record di
ascolto. Doveva cacciare
Marco Travaglio. pag. 3 z
U
pag. 2
z
di Bruno Tinti
PERC HÉ
G R I DA N O
AL GOLPE
Q
uando facevo il pm i miei
amici avvocati mi diceva-
no sempre: “hai ragione tu,
questo è colpevole; ma lo ti-
reremo fuori in procedura”.
Intendevano dire che l’asso-
luzione nel merito era im-
possibile.
di Francesco Bonazzi
M A N UA L E
DEL BRAVO
R I C I C L AT O R E
S
arà che ormai non fa più il
fiscalista da anni e di clien-
ti in carne e ossa ne vede po-
chi, ma il ministro Giulio Tre-
monti ignora di certo che
succede là fuori, oltre le mu-
ra del palazzo di Via XX Set-
tembre.
pag. 18
z
Nella capitale ancora aggressioni contro i gay
SINDACO ALEMANNO, ADESSO BASTA
CON LA TEPPAGLIA
NERA A ROMA
x
pag. 8
z
C AT T I V E R I E
Il sindaco
di Roma
G i an n i
A l e m an n o
Emanuele Filiberto: “Ho
provato la droga, mi ha
salvato la famiglia”.
Conoscendo i Savoia,
pensavamo il contrario.
n questo giornale non abbiamo nostalgie per l’an -
tifascismo militante, che negli anni di piombo si
faceva spappolando a colpi di chiave inglese i cra-
ni dei ragazzini come Ramelli.
In questo giornale siamo convinti che Gianni Ale-
manno sia un leader eletto democraticamente, che
non abbia portato manipoli di squadristi ad abbe-
verarsi nelle acquasantiere della Capitale. E’ uno
stupido gioco ideologico esercitarsi negli esami del
sangue al sindaco di Roma o additarlo come il figlio
di un dio minore in virtù della sua storia. Al con-
trario: per noi c’è più affidabilità nella sua biografia
post-missina, che nei vacui curriculum televisivi
delle veline azzurrine con cui Silvio Berlusconi ha
avvelenato il Pdl. Se si parla di violenza, questo gior-
nale non conosce doppiopesismi: ci ripugnano tan-
to le coltellate a Dino (il giovane gay aggredito al
Colosseo) quanto le ignobili molotov tirate ad Acca
Larentia (po-
tevano far
strage di bam-
bini, solo po-
chi giorni fa).
Premesso tutto questo, chiediamo al sindaco di Ro-
ma: non crede che sia (anche) necessario, con una
punta di coraggio autocritico, aggiungere un epi-
gramma di verità, al rosario delle solidarietà dovute
e delle “vicinanze” istituzionali? Ci chiediamo se an-
che Alemanno, al pari di noi, si sia convinto che a
Roma stia accadendo qualcosa di grave. Se non cre-
da che questo incredibile rigurgito di violenza pa-
ra-politica, pseudo-ideologica o semplicemente
razzista, meriti una riflessione più complessa di
quella che le cronache di questi giorni, i sermoni
delle autorità e i discorsi di circostanza ci offrono.
Ai tempi del delitto Reggiani, parte del centrodestra
prosperò sull’idea balorda che l’escalation della vio-
lenza di alcuni extracomunitari dovesse essere at-
tribuita alla giunta Veltroni. Alemanno sa, che ribal-
tando quel gioco, la sua giunta diventerebbe “og-
ge t t i va m e n t e ” responsabile delle aggressioni omo-
fobe e violente di questo anno (e non ci passa per la
testa). Per questo vogliamo chiedere ad Alemanno
se sia consapevole che a tutte le parole di condanna
che ha pronunciato, ne manchi ancora almeno una,
di analisi vera. Una riflessione che rompa l’inutilità
del rito. Nelle bastonate ai diversi, nelle coltellate e
nelle aggressioni infami agli omosessuali, nelle te-
ste scolpite dei teppisti che pestano i bengalesi e
poi si sentono degli eroi, c’è traccia di un antico
veleno. Si riconoscono una malintesa e grottesca
ebrezza superomistica, una sottocultura della vio-
lenza che è (anche) figlia dello squadrismo fascista.
Se Alemanno riuscisse a dirla, questa verità, le sue
parole sarebbero più pesanti e utili. Ci dica anche
come la vuole combattere questa violenza. Solo
esorcizzando lo spettro di Svastichella , infatti, può
provare a diventare il sindaco di tutti.
luigi irdi
il capo non è un santo
Un libro esilarante, nel quale la fantasia supera la realtà.
Al momento di andare in stampa, beninteso. (Ma chi è il Capo?)
sergio rizzo coautore de
fazi editore
La casta
“Distruggete quel giudice”: il titolo del “Fatto” di martedì scorso
LE REAZIONI
L’ANM: UN PESTAGGIO. E SI MUOVE IL GARANTE PRIVACY
sostituibile nella carta
stampata e nella radio-tv, spe-
cie quella pubblica. L’informa-
zione libera e pluralista è indi-
spensabile per distinguere la
democrazia dal dispotismo”. È
il richiamo che ieri il capo del-
lo Stato ha lanciato interve-
nendo in occasione della
“Giornata dell'informazione”,
in questi giorni al centro di at-
tacchi e polemiche. Napolita-
no ha sottolineato che la liber-
tà d’espressione e il suo uso ri-
chiedono analisi e proposte in
sede europea ed ha invitato i
giornalisti a non sottovalutare i
limiti e le responsabilità del
proprio lavoro. L’appunta-
mento al Quirinale con i pro-
motori e i vincitori dei premi
giornalistici è stato l’occasio-
ne per il capo dello Stato per
tornare sul suo ruolo super
partes. “Il Quirinale va tenuto
fuori dalla mischia politica e
mediatica”.
Il capo dello Stato ha poi sot-
tolineato le difficoltà in cui la-
vorano i giornalisti: “Già tre an-
ni fa, in occasioni analoghe a
quella di oggi, espressi il mio
profondo convincimento cir-
ca il carattere discriminante
che l’esistenza di una stampa e
di una informazione pluralisti-
che e libere assumono per di-
stinguere la democrazia dal di-
spotismo. E nello stesso tem-
po volli sottolineare come nei
sistemi democratici e costitu-
zionali dell’Occidente occorra
combinare più valori, più dirit-
ti degni di tutela, come sancito
d’altronde nell’articolo 10 del-
la Convenzione europea del
1948 sui diritti dell’uomo”.
di Antonella Mascali
hanno espresso la loro indignazione per il servizio di
“Mattino 5” . Tutti i messaggi hanno un’unica richiesta:
avviare un procedimento disciplinare nei confronti dei
responsabili del servizio perché oltre a mettere alla go-
gna il magistrato, denigra la professione del giornalista.
Gonzales ha deciso di esaminare il caso al prossimo
consiglio dell’ordine che si riunirà il 27 ottobre. In quel-
la sede verrà deciso se aprire un procedimento disci-
plinare nei confronti di Claudio Brachino, responsabile
e conduttore di “Mattino 5”, mentre per l’autrice, An-
nalisa Spinoso, dovrà decidere eventualmente l’ordine
dove è iscritta, quello della Sicilia. Nel servizio viene
messa in discussione la credibilità del giudice. Il Fatto ha
chiesto a un’avvocatessa che ha discusso con lui un paio
di cause civili, se è imparziale: “È molto rispettoso del
ruolo degli avvocati, è corretto e le sentenze che mi
riguardano sono ineccepibili. Se una causa deve discu-
terla lui, mi sento garantita”. L’associazione nazionale
magistrati ieri si è schierata contro il linciaggio me-
diatico, ha scritto al Presidente Napolitano, e ha chiesto
l’intervento del garante della privacy: "Siamo esterre-
fatti e indignati - hanno detto il presidente Luca Pa-
lamara e il segretario Giuseppe Cascini - per la gravis-
sima campagna di denigrazione e di aggressione da par-
te dei giornali e delle televisioni del gruppo Fininvest e
della famiglia Berlusconi. Non crediamo che esistano
precedenti simili in Italia, per denigrare una persona e
delegittimare una funzione essenziale e delicata per la
civile convivenza in uno Stato di diritto”. Il Garante per
la privacy li ha ascoltati e sta valutando se aprire
un’istruttoria. Il Consiglio superiore della magistratura,
che martedì discuterà in commissione il caso Mesiano,
ha acquisito il servizio di “Mattino 5” e un articolo de Il
Giornale . Su facebook, il pm del processo Fortugno,
Mario Andrigo, ha lanciato un gruppo di solidarietà a
Mesiano. Un giudice del Tribunale di Milano, dopo aver-
ci detto che sulla professionalità di Mesiano nessuno ha
mai avuto da ridire, ha osservato: “adesso si sparge la
paura tra i magistrati, perché se quando un giudice
emette una sentenza, non si discute il merito ma si scava
nella vita privata, allora siamo di fronte a un salto di
qualità in negativo, terrificante”.
role Roberto Natale, presidente dell’Fnsi, il sinda-
cato dei giornalisti, per definire il servizio di “Mattino 5”
che ha infangato il giudice Raimondo Mesiano, colpe-
vole di aver condannato la Fininvest a pagare 750 mi-
lioni a Carlo De Bendetti per il lodo Mondadori. Natale
si è chiesto: “Visto che il Presidente del Consiglio con-
tinua a deprecare l'uso criminoso della tv, ancora una
volta tirando in ballo a sproposito Annozero,come con-
sidera l'uso della tv che è stato fatto dalla più importante
rete Mediaset?”. Si sta muovendo anche l’Ordine dei
giornalisti della Lombardia. Da quando è presidente Le-
tizia Gonzales, eletta due anni fa, non era mai successo,
ha ricevuto tante mail di colleghi di testate diverse, che
CORTIGIANI IN TV
definiti Curzio Maltese, l'altra sera ad
Annozero. Le faccette sono le smorfie,
boccacce e i decisi scuotimenti di testa che
accompagnano i primi piani dei
berluscones quando sanno di essere
inquadrati in tv. Professore in mimica è il
sottosegretario Paolo Bonaiuti, il cui
ventaglio di espressioni va dalla
riprovazione allo sdegno se qualcuno osa
sfiorare il nome del suo sire senza
prostrarsi. A scuola di faccette deve essere
anche stato il vicedirettore del Giornale
ma, si direbbe, senza molto costrutto
essendo egli afflitto da una preoccupante
fissità espressiva che conosce la
gradazione dello schifo assoluto per tutti
coloro che non parlano padano.
Campione delle interruzioni è il direttore
di Libero: copre qualsiasi altra diversa
voce con latrati. Scuotono invece senza
posa le vezzose testoline le ministre
Gelmini e Prestigiacomo. Impressionante
il movimento ondulatorio di Renato Farina
(alias Betulla), accompagnato da smorfie
di biasimo e commiserazione per chi parla
senza avere avuto il dono della Luce
(Berlusca). Invano a costoro fu concesso il
dono della parola, condannati come sono
alle faccette da un padrone impietoso.
LATVMANGANELLO
di Marco Lillo
D opo il pestaggio, tutti fug-
U
U
CITTÀ PIÙ SICURE
di Luca Telese
I
“I l valore del pluralismo è in-
“È stato un pestaggio mediatico”. Non usa giri di pa-
FACCETTE NERE
E sperti in faccette e interruzioni, li ha
167362770.044.png 167362770.045.png 167362770.046.png 167362770.047.png 167362770.048.png 167362770.049.png 167362770.051.png 167362770.052.png 167362770.053.png 167362770.054.png 167362770.055.png 167362770.056.png 167362770.057.png 167362770.058.png 167362770.059.png 167362770.060.png 167362770.062.png 167362770.063.png 167362770.064.png 167362770.065.png 167362770.066.png 167362770.067.png 167362770.068.png 167362770.069.png 167362770.070.png 167362770.071.png
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