Dizionario GEOGRAFIICO FIISIICO STORIICO della Toscana vol_III.pdf
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DIZIONARIO
GEOGRAFICO FISICO STORICO
DELLA TOSCANA
DIZIO NARIO
GEOGRAFICO FISICO STORICO
DELLA TOSCANA
CONTENENTE LA DESCRIZIONE
DI TUTTI I LUOGHI DEL GRANDUCATO
DUCATO DI LUCCA
GARFAGNANA E LUNIGIANA
COMPILATO
Da
Emanuele Repetti
SOCIO ORDINARIO
DELL'I. e R. ACCADEMIA DEI GEORGOFILI
e di varie altre
VOLUME TERZO
FIRENZE
PRESSO L'AUTORE E EDITORE
COI TIPI ALLEGRINI E MAZZONI
1839
DIZIONARIO
GEOG R AF IC O F ISICO STOR ICO
DELLA TOSCANA
M
MACADIO, MACAGGIO, o MACAJO, in Val di
Serchio. – Contrada nella quale esistevano due chiese (S.
Pietro e S. Prospero) soggette al piviere della Primaziale,
nella Comunità e Giurisdizione dei Bagni a S. Giuliano,
Diocesi e Compartimento di Pisa.
È il nome di una contrada nel suburbio settentrionale di
Pisa fra la fossa di Maltraverso e la ripa sinistra del fiume
Serchio.
Sembra che questo luogo di
Macadio
traesse origine da
una chiesa antichissima dedicata a S. Macario, giacchè
una carta del secolo XIII appartenuta al Mon. di S.
Michele in Borgo a Pisa rammenta una possessione posta
nei confini di
S. Macadio
contigua ai beni del C. Ugolino
da Donoratico.
Fra gl’istrumenti del precitato Mon. avvenne uno del
1096, in cui si nomina il comune di
Macajo
nel distretto
di Pisa. Anche nei secoli XIV e XV il comune di
Macajo
o
Macadio
è rammentato nelle pergamene dei monasteri
di S. Marta e di Nicosia di Pisa. (ARCH. DIPL. FIOR.)
Le chiese di S. Pietro e S. Prospero
de Macadio
furono
registrate nei cataloghi delle chiese pisane nei secoli XIII
e XIV.
Macario
. (MEM. LUCCH. T. V. P. II).
All’Articolo
Arliano
di Val di Serchio citai un documento
dell’anno 892 (di ottobre) relativo a una questione fra
l’arciprete della chiesa di S. Macario e quello della vicina
pieve di Arliano riguardo alle oblazioni e decime pretese
dal pievano di
S. Macario
, contro il pievano di
Arliano
,
dagli abitanti delle ville di
Stabbiano, Chiatri, Colognola,
Rosiniano, Vignole, Farneta, Oliveta,
e
Formentale
;
sicchè fu portata la causa davanti a Gherardo vescovo di
Lucca, il quale, esaminato il deposto dei testimoni, decise
che le suddette ville appartenevano al pievano di
Arliano
e
non a quello di
S. Macario
. (MEMOR. LUCCH. T. IV. P.
II.)
Un’altra questione era insorta nel 1127 fra il pievano di S.
Macario e il rettore della cappella succursale di Vecole
relativamente alle decime e al diritto sopra alcune case
situate a confine fra Vecole e San Macario in monte. La
vertenza fu decisa nel palazzo vescovile di Lucca lì 2
agosto di detto anno 1127 dal vescovo Benedetto assistito
dall’arciprete, dal primicero e da altri canonici della
cattedrale di S. Martino. (
loc. cit.
)
Da una carta scritta in Lucca nel dicembre, dell’anno 779,
si ha contezza non solo di una delle ville di sopra
nominate (
Vignole
), ma vi si riscontrano ancora i nomi
che tuttora conservano quei corsi d’acqua. Imperocchè si
tratta ivi di un cambio di beni posti
in
loco Viniole
trans
Contisula
, confinanti da un lato col rio
qui dicitur la
Cercle
, per ricevere in compenso due pezzi di terra situati
in
loco Castaniolo
. (MEMOR. LUCCH. T. V. P. II).
La pieve di S. Macario nel catalogo del 1260
comprendeva i sei popoli seguenti, oltre quello della
parrocchia plebana e due spedaletti situati a
Piazzano
e in
Valprumaja;
cioè, 1. S. Maria di
Vecole
; 2. S. Pietro di
Fibialla
, detta de’Canonici; 3. S. Martino in
Valprumaja,
o Valpromaro
; 4. S. Frediano di
Piazzano;
5. S. Jacopo di
Colle Bertario
(soppresso); 6. S. Biagio a
Rasignano
(idem).
Gli ospedali di
Valprumaja
e di
Piazzano
, situati sulla
strada che guida a Camajore, servono a indicarci che
un’antica via maestra a quel tempo dirigevasi da Lucca
per i poggi della Freddana, donde scendeva nella Versilia
per unirsi e continuare con la
Via Francesca
, o
Emilia di
Scauro
.
MACARIO (SAN) (
S. Macarius
) nella Valle del Serchio.
– Pieve antica che dà tuttora il nome a una contrada, parte
in poggio detta
S. Macario in monte
, e parte in pianura
distinta col nome di
S. Macario in piano
, nella Comunità
Giurisdizione Diocesi Ducato e 4 in 5 miglia a maestro di
Lucca.
Trovasi la chiesa plebana sulla pendice meridionale dei
poggi che separano la vallecola della
Freddana
da quella
di
Contesola
, la cui popolazione è in gran parte racchiusa
fra quest’ultimo torrente e la
Cerchia
, avendo a ponente la
strada Regia postale di Genova nella sezione che dal
Ponte S. Pietro s’avvia pel monte di Quiesa.
Fra le più antiche memorie di questa parrocchia plebana, a
me note, tengo quella di una carta lucchese dell’anno 800,
consistente in un catalogo delle chiese, monasteri e beni
situati nello stato di Lucca, sui quali a quell’epoca vi
aveva qualche diritto la basilica di S. Pietro in Vaticano di
Roma. Nella qual carta si trova indicato fra i contadini, o
manenti
tributarii di S. Pietro, uno abitante nel pop. di
S.
Il territorio di S. Macario, precipuamente quello di monte,
è sparso di deliziose case di campagna; e le pendici dei
suoi colli esposte a mezzogiorno e a levante sono nel
tempo stesso ubertose in prodotti di granaglie, di olio e di
vino.
La chiesa plebana di S. Macario nel 1832 contava 607
abitanti.
MACCIANO
in Val di Chiana. – Casale con chiesa
parrocchiale (S. Pietro) nella Comunità Giurisdizione
Diocesi e circa 4 miglia toscane a ponente di Chiusi,
Compartimento di Arezzo.
È situata la chiesa in una piaggia a settentrione del
Chiaro
, o lago di Montepulciano fra le sorgenti dei fossi
Gragnano
e
Morato
, uno dei quali al suo levante e l’altro
al suo ponente maestro, mentre a ostro libeccio corre il
fiume Astrone e la strada rotabile che da Chianciano guida
a Chiusi.
La parrocchia di S. Pietro a Macciano non comparisce
nella statistica del 1551. – In quella per altro dell’anno
1745 essa contava 226 persone, e nel 1833 aveva 298
abitanti.
MACCHIE (S. MICHELLE ALLE) in Val di Sieve, già
detto a FONTE BUONA sulla
Carza
. – Contrada in gran
parte coperta tuttora di querce e di macchia cedua, donde
ha preso il nomignolo la chiesa parrocchiale di S. Michele
alle Macchie
in luogo di quello che portava nei primi
secoli dopo il mille, di
S. Michele a Fontebuona,
nel
piviere di Macioli, Comunità e circa tre miglia toscane a
ostro di Vaglia, Giurisdizione di Scarperia, Diocesi di
Fiesole, Compartimento di Firenze.
La chiesa delle
Macchie
risiede in costa alla sinistra del
torrente
Carza
, e mezzo miglio sopra la posta di
Fonte
buona
, la cui borgata è compresa nello stesso popolo, e
che per molti secoli ha dato il vocabolo, come dissi, alla
chiesa parrocchiale di S. Michele
alle Macchie
. –
Vedere
FONTEBUONA in Val di Sieve.
La parrocchia di S. Michele alle Macchie nel 1833
contava 155 abitanti.
MACCIUOLI. –
Vedere
MACIOLI.
MACERATA nel Val d’Arno pisano. – Contrada che ha
dato il vocabolo a due popoli attualmente riuniti (S.
Miniato e S. Stefano) nel piviere di S. Casciano a Settimo,
Comunità e più di 3 miglia toscane a libeccio di Cascina,
Giurisdizione di Pontedera, Diocesi e Compartimento di
Pisa.
Risiede in pianura fra il
Rio di Pozzale
ed il
Fosso Reale,
ossia del
Zannone,
lungo la nuova strada provinciale di
Vicarello, detta anche di
Macerata
, che alla borgata della
Madonna del Piano staccasi dalla R. fiorentina per
attraversare la pianura meridionale pisana.
La villa del comunello di S. Stefano a Macerata trovasi
nominata nella carte pisane, fra le quali una del 1196
appartenuta al Mon. di S. Lorenzo alla Rivolta, ora
nell’
Archivio Diplomatico Fiorentino
Le chiese di S. Miniato e di S. Stefano a Macerata furono
registrate nel catalogo dei pievanati della diocesi di Pisa,
fatto nel 1372. Quella di S. Miniato non esiste più, e
l’altra di S. Stefano era divenuta inservibile per modo che
è stata riedificata di pianta nel secolo attuale, e dichiarata
di nuovo parrocchiale, mediante un decreto arcivescovile
del 17 gennajo 1826, dopo che essa dal patrimonio
ecclesiastico fu dotata con una parte delle rendite
appartenute alla soppressa abbadia di S. Stefano a Cintoja.
La parrocchia di S. Stefano a Macerata nel 1833 contava
404 abitanti.
MACCIA,
o
MACLA
(
Macula
?) nel Val d’Arno inferiore.
– Casale perduto che diede il titolo a una chiesa (
S.
Andrea a Maccia
) nel piviere di S. Maria a Monte,
Comunità medesima, Giurisdizione di Castel Franco di
sotto, Diocesi di Sanminiato, già di Lucca,
Compartimento di Firenze.
Questa località di
Maccia o Macla
, di cui è rimasto il
vocabolo a un mulino sulla Gusciana, è rammentata fino
dal secolo IX in alcune pergamene dell’Archivio
Arcivescovile di Lucca spettanti alla pieve di S. Maria a
Monte, ossia alla distrutta chiesa battesimale di
S. Ippolito
in Anniano
, fra l’Arno e la Gusciana.
Appella a questa
Maccia
un istrumento rogato in Lucca li
15 ottobre dell’anno 848, col quale il pievano di S.
Ippolito
in Anniano
, diede a livello una casa con podere
posto in luogo
Maccia, o Macla
spettante alla predetta
chiesa battesimale. – Se questo luogo fosse identico con la
Clusura Miccula
, rammentata in un altro contratto del 2
giugno 874 dello stesso Archivio Arcivescovile Lucchese,
noi avremmo una meno incerta ubicazione del luogo
suddetto; tostochè ivi si dichiara che la
Clusura Miccula
della pieve di S. Ippolito era situata presso
Petriolo;
cioè,
dove è adesso Castel Franco fra l’Arno e la Gusciana
“
inter fluvio Arme et Arno prope Petriolo”
. – (MEMOR.
LUCCH. T. V. P. II).
La cappella di S. Andrea
di Maccia
trovasi pure segnata
nel catalogo delle chiese della diocesi lucchese del 1260
nel piviere di S. Maria in Monte; e ritengo che essa
corrisponda a quella
Cappella de Macaria
nominata nella
bolla dal Pontefice Eugenio III spedita da Ferentino li 6
gennajo 1150 a Gottofredo pievano di S. Maria a Monte.
(LAMI
Hodoep.
P. II.)
MACERATA, e MONTE MACERATA in Val di Pesa. –
Castellare e poggio con antica chiesa parrocchiale (
S.
Maria. di Monte Macerata
) nel piviere di Campoli,
Comunità Giurisdizione e circa 6 miglia toscane a
scirocco di San Casciano, Diocesi e Compartimento di
Firenze.
Risiede il castellare con la chiesa sulla cima di amena
collina fra la
Greve
e la
Pesa
alle sorgenti del torrente
Terzona
, e un miglio toscano a settentrione della badia di
Passignano.
Fu questo luogo signoria della stirpe magnatizia
de’Scolari e Buondelmonti, l’ultimo germe dei quali (la
marchesa vedova di Ubaldo Feroni) possiede costà
de’beni aviti, comecchè essa abbia rinunziato al Principe il
giuspadronato della chiesa di S. Maria a Macerata.
Nel maggio dell’anno 981 risiedeva nel suo castello di
S.
Maria a Macerata
Pietro di Teuzzone, quando per
istrumento ivi rogato diede a livello un podere posto a
Nievoli
nel piviere di S. Stefano a Campoli. (ARCH.
DIPL. FIOR.
Carte della badia di Passignano
).
Molti, se dovessi citarli, sono gl’istrumenti della
prenominata badia, relativi al castello di S. Maria a
Macerata, fra i quali uno del 1010, e un altro del maggio
1015, celebrati egualmente nel
castello di S. Maria a
Macerata
. Con l’ultimo atto Sichelmo del fu Gio. donò al
monastero di S. Michele a Passignano, e per esso all’abate
Walperto, l’intiera porzione della case dominicali, delle
corti e delle chiese con tutti i beni di sua pertinenza situati
nei pievanati di Campoli e di Rubbiana. Tra i beni
rinunziati fuvvi una porzione del castello e chiesa di S.
Maria a Macerata, del castello di Paterno, e di quanto a lui
si apparteneva in Tizzana, in Cerreto, a S. Cristina, e in
altri luoghi in quei due pievanati.
La parrocchia di
S. Maria a Macerata,
o a
Monte
Macerata
nel 1833 contava 172 abitanti.
in tempi meno antichi anche i conti d’Elci e i Tolomei di
Siena.
MACIA. –
Vedere
MACCIA
nel Val d’Arno inferiore, e
MAGIA nella Valle dell’Ombrone pistojese.
MACINAJA (MASSA). –
Vedere
MASSA MACINAJA.
MACINANTE
(FOSSO).
–
Vedere
FOSSO
MACINANTE.
MACINATICO in Val d’Elsa. – Casale ch’ebbe chiesa
parrocchiale (S. Michele) nel piviere di Celloli, Comunità
e Giurisdizione di San giminiano, Diocesi di Colle, già di
Volterra, Compartimento di Siena. –
Vedere
CELLOLI in
Val d’Elsa.
La parroccchia di
Macinatico
fu soppressa sotto il
Granduca Leopoldo I. Essa nel 1551 non contava più che
41 parrocchiani; e nel 1745 aveva 112 abitanti.
MACERETO, o MACIARETO (PONTE A). – Questo
ponte di pietra a tre arcate, che cavalca il fiume Merse
sulla strada Regia grossetana, fu edificato l’anno 1368;
ricostruito più grandioso nel 1827 a bracc. 278 sopra il
livello del mare Mediterraneo. – Prese il nome da una
piccola borgata che fino al secolo XIII ebbe chiesa
parrocchiale (S. Niccolò) da gran tempo distrutta riunita a
quella di
S. Lorenzo a Merse
, nella Comunità
Giurisdizione e circa 8 miglia toscane a ostro di Sovicille,
Diocesi e Compartimento di Siena, la qualcittà trovasi 14
miglia toscane a settentrione del Ponte a Macereto.
È noto specialmente questo luogo per il bagno termale
situato sulla ripa sinistra del fiume Merse a poca distanza
dal ponte, lungo la strada Regia grossetana; comecchè
attualmente tali terme si trovino mal ridotte sotto il
vocabolo di
Bagno del Doccio.
Cotesto bagno è
rammentato all’anno 1273 nel consiglio della Campana
alle Riformagioni di Siena in occasioni di essere stati
eletti da quella Signoria tre ufficiali per far risarcire il
Bagno del Doccio
e quello di
Petriolo
. Nell’anno 1300
dallo stesso governo si ordinò di ritrovare e riallacciare le
vene deviate del
Bagno del Doccio
; e nel consiglio del
1335 fu risoluto di costruire una fonte nello stesso luogo.
– Trovansi però sulla medesima ripa sinistra del fiu me
Merse presso il casale di
Filetta
scaturigini più copiose di
acque termali solfuree, state probabilmente confuse una
volta sotto lo stesso vocabolo del Bagno a Macereto. –
Costà sino dal secolo XIII esisteva un ospdaletto intitolato
a S. Jacopo per servire di alloggio ai bagnanti ed ai
passeggeri.
Credette il Benvoglienti che i
Bagni
di Macereto
fossero
identici a quelli, che Cicerone chiamò
Balnea Siena
.
Anche il Bacci nella sua opera
de Thermis
deduce
l’antichità di questi bagni dalle medaglie o monete
dell’Imp. Gordiano che furono alla sua età scoperte nel
luogo di Macereto.
Di costeste terme fecero uso l’Imp. Arrigo VII nell’agosto
del 1313, e il Pont. Pio II nell’estate del 1459.
È fama che da Macereto abbia avuto origine la celebre
famiglia magnatizia de’Ghigi, e costà ebbero poderi anche
MACIOLI, e MACCIUOLI (
Maciuole
)
(S. CRESCI A)
sulla Carza in Val di Sieve. – Antica ch. plebana che portò
pure il distintivo di
S. Cresci in Albino
, nella Comunità e
intorno a 4 miglia toscane a ostro di Vaglia, Giurisdizione
di Scarperia, Diocesi di Fiesole, Compartimento di
Firenze.
Risiede sulla schiena del monte
dell’Uccellatojo
, o di
Pratolino, circa 7 miglia toscane a settentrione di Firenze,
presso la strada Regia bolognose che gli passa a ponente
mentre ha al suo grecale le sorgenti del torrente
Carza
,
ossia il
Capo Carza
.
Questa chiesa plebana di architettura semi gotica a tre
navate con sette colonne per parte fu fabbricata nel modo
che ora si vede verso la metà del secolo XV, mentre ne era
pievano il faceto e sagace pievano
Giovanni Arlotto
de’Mainardi
. – Della stessa pieve pertanto si hanno
memorie fino dal secolo X. Citerò fra gli altri un
istrumento dell’anno 941 relativo a una donazione fatta da
tre fratelli a favore della ch. e della mensa fiorentina di
tuttociò che possedevano nella pieve di
S. Cresci in Albio
(
Sita Albium
). La qual pieve si dichiara posta in
Albino
nelle bolle spedite dai pontefici Pasquale II e Innocenzo II
ai vescovi di Fiesole. In ogni caso questa di Macioli è ben
diversa dalla ch. di S. Cresci in Valcava della diocesi
fiorentina, con la quale fu confusa dal Manni nella sua
opera dei
Principj della Relig. Cristiana in Firenze.
(P. I,
Cap. 6).
Con istrumento rogato lì 25 luglio 1051 in Figline del Val
d’Arno di sopra un nobile fiorentino per nome Teuzzone,
chiamato Rustico, figlio del fu Giovanni alienò a favore di
Ridolfo del fu Sigifredo tutte le corti, case, terreni, chiese,
servi e ancille che egli aveva comprato da Sigifredo del fu
Ridolfo padre del nuovo acquirente. I quali beni si
dichiarano situati nei pivieri di Cavriglia, di Gaville,
dell’Incisa, di Brozzi, di Cercina, di Vaglia, di S. Severo a
Legari, e di S. Cresci a Carza (ossia a Macioli), dove
possedeva la corte di
Cerreto a Capo di Carza
(ARCH.
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