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Mitridate Re di Ponto (26 dic 1770)
Mitridate, re di Ponto
Mitridate
re di Ponto
K. 87
(Redenzione e morte di un tiranno)
Opera seria in tre atti
Libretto di Vittorio Amadeo Cigna-Santi
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Personaggi
Mitridate , Re di Ponto, TENORE
Aspasia , promessa sposa di Mitridate, SOPRANO
Sifare , figlio di Mitridate, SOPRANO
Farnace , primo figlio di Mitridate, CONTRALTO
Ismene , figlia del Re dei Parti, SOPRANO
Marzio , tribuno romano, TENORE
Arbate , governatore di Ninfea, SOPRANO
La scena si svolge nel porto crimeo di Ninfea nel 63 a.C. durante il conflitto tra Roma ed il regno del Ponto.
Prima rappresentazione: Milano, Teatro Regio Ducale, 26 dicembre 1770.
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Mitridate, re di Ponto
ATTO I
Scena I
Piazza di Ninfea, con veduta in lontano dalla porta della città. Sifare con seguito d'ufficiali e soldati, ed Arbace con i Capi dei cittadini, uno
dei quali porta sopra un bacile le chiavi della città.
Arbate
Vieni, Signor. Più che le mie parole l'omaggio delle schiere, del popolo il concorso, e la dipinta sul volto di ciascun gioia
sincera abbastanza ti spiega in questo giorno quanto esulti Ninfea nel tuo ritorno.
Sifare
Questi di vostra fede contrassegni gradisco. Altri maggiori però ne attesi, e non dovea ricetto qui Farnace trovar.
Arbate
Del regno adunque può già la gelosia render nemico Sifare del german?
Sifare
La bella Greca che del gran Mitridate gli affetti meritò, di questo seno fu pur anche la fiamma, ed è la prima cagion,
benché innocente delle gare fraterne.
Arbate
Oh quanto ti precorse colle brame e coi voti il dolente suo cor!
Sifare
Se il ver mi narri, molto a sperar mi resta, e tutto io spero, se di Roma fra il servo e fra 'l nemico osa Arbate appigliarsi
al partito miglior.
Arbate
Se l'oso! E puoi dubitarne, o Signor? Quel zelo istesso, che al tuo gran genitore mi strinse, in tuo favore qui tutto
impegno, e tu vedrai Farnace, mercé del mio valor, della mia fede, girarne altrove a cercar e sposa e sede. (parte col seguito)
Scena II
Sifare
Se a me s'unisce Arbate, che non posso ottener?
Aspasia
Il tuo soccorso, Signor, vengo a implorar. Afflitta, incerta, vedova pria che sposa al miglior figlio di Mitridate il chiedo.
Ah, non sia vero, che il sangue che t'unisce al tuo germano d'una infelice al pianto prevalga in questo dì. Barbaro,
audace, ingiurioso al padre, egli al mio core ch'è libero, che l'odia, impone amore.
Sifare
Regina, i tuoi timori deh calma per pietà. Finch'io respiro, libero è il tuo voler, e andrà Farnace forza altrove ad usar. Ma
chi t'adora, se chiami delinquente, sappi ch'io son di lui meno innocente.
Aspasia
Che ascolto, oh Ciel!
Sifare
Non ti sdegnar: diverso dall'amor del germano di Sifare è l'amor. No, mia conquista, se da lui ti difendo, non diverrai.
Ma quando t'avrò resa a te stessa, aborrirai quanto il nemico di difensore? Ed io, per premio di mia fè per compiacerti,
risolvere dovrò di non vederti?
Aspasia
Dello stato, in cui sono prence, se sei cortese, tanto non t'abusar.
Sifare
Io non ne abuso, allor che ti defendo senza sperar mercé, quando prometto, bell'Aspasia, ubbidirti, e poi celarmi per
sempre agli occhi tuoi.
Aspasia
Forse prometti ciò ch'eseguir non sei capace.
Sifare
E ad onta de' giuramenti miei dunque paventi, ch'io possa teco ancora tiranno divenir?
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Mitridate, re di Ponto
Aspasia
Contro Farnace chiedo aita, o Signor, dall'empie mani salvami pria: Quest'è il mio voto. Allora d'usarmi iniqua forza
d'uopo non ti sarà, perch'io t'accordi di vedermi il piacer, e tu fors'anche meglio conoscerai qual sia quel core, ch'ora
ingiusto accusar puoi di rigore.
No. 1 Aria
Al destin, che la minaccia,
togli , oh Dio! quest'alma oppressa,
pria rendimi a me stessa
e poi sdegnati con me.
Come vuoi d'un rischio in faccia,
ch'io risponda a'detti tuoi?
Ah conoscermi tu puoi
E'l mio cor ben sai qual è.
Scena III
Sifare
Qual tumulto nell'alma quel parlar mi destò! Con più di forza rigermogliar vi sento speranze mie quasi perdute. Un
novo sprone per voi s'aggiunge oggi alla mia virtù. Tronchinsi ormai le inutili dimore, e la mercede, che prometter mi
sembra il caro bene, ah si meriti almen, se non s'ottiene.
No.2. Aria
Soffre il mio cor con pace
una beltà tiranna,
l’orgoglio d'un audace,
no tollerar non sa.
M'affanna, e non m’offende
chi può negarmi amore.
Ma di furor m'accende
chi mio rival si fa.
(parte col suo seguito)
Scena IV
Tempio di Venere con ara accesa ed adorna di mirti e di rose. Farnace, Aspasia, soldati di Farnace all'intorno e sacerdoti vicini all'ara.
Farnace
Sin a quando, o Regina, sarai contraria alle mie brame? Ah, fuggi, sì fuggi, e meco vieni. Te impaziente attende di
Ponto il soglio, e ognun vederti brama sua regina e mia sposa. All'ara innanzi dammi la destra. E mentre con auspizio
più lieto s'assicura il diadema alle tue tempia le promesse del padre il figlio adempia.
Aspasia
Per vendicare un padre dai Romani trafitto scettri io non ho, non ho soldati, e solo unico avanzo delle mie fortune mi
resta il mio gran cor. Ah, questo almeno serbi la fè dovuta al genitore, né si vegga la figlia porger la man sacrilega, ed
audace all'amico di Roma, al vil Farnace .
Farnace
Quasi deboli pretesti son questi, che t'infingi, e chi ti disse che amico di Roma io son? Sposa or ti voglio. (la piglia a forza
per mano) E al mio volere omai contrasti invano.
Aspasia
Sifare, dove sei? (guardando agitata per la scena)
Scena V
Sifare
Ferma , o germano, ed in Aspasia apprendi Sifare a rispettar.
Farnace (ad Aspasia con resentimento)
Intendo, ingrata, meglio adesso il tuo cor. De' tuoi rifiuti costui fore è cagion. Ei di Farnace e' amante più felice, e men ti
spiace.
Sifare (a Farnace)
Suo difensor qui sono. E chi quel core tiranneggiar pretende di tutto il mio furor degno si rende.
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Mitridate, re di Ponto
Farnace
Con tanto fasto in Colco a favellar sen vada Sifare a' suoi vassalli.
Sifare
In Colco e in questa Reggia così posso parlar.
Farnace
Potresti qui pur le mie mani versar l'alma col sangue.
Sifare (vuol mettere mano alla spada e così pure Farnace)
A tanto ardire così rispondo.
Aspasia (trattenendo i due fratelli)
Ah no, fermate.
Scena VI
All'ire freno, Principi, olà. D'armate prore già tutto ingombro il mar, e Mitridate di sé stesso a recar più certo avviso al
porto di Ninfea viene improvviso.
Sifare
Il Padre!
Farnace
Mitridate!
Arbate
A me foriero ne fu rapido legno Ah, si deponga ogni gara fra voi, cessi ogni lite, e meco il padre ad onorar venite.
No.3 Aria
L'odio nel cor frenate,
torni fra voi la pace,
un padre paventate,
che perdonar non sa.
S'oggi il fraterno amore
cessa in entrambi e tace,
dal giusto suo rigore,
che vi difenderà?
(parte)
Scena VII
Farnace
Principe, che facemmo?
Sifare
Io nel mio core rimproveri non sento.
Aspasia
Oh ritorno fatal! Sifare, addio.-
No. 4 Aria
Nel sen mi palpita dolente il core;
mi chiama al piangere il mio dolore;
non so resistere, non so restar.
Ma se di lagrime umido ho il ciglio,
è solo, credimi, il tuo periglio
la cagion barbara del mio penar.
(parte, e si ritirano pure i sacerdoti)
Scena VIII
Farnace
Un tale addio, germano, si spiega assai: ma il tempo altro esige da noi. Ritorna il padre, quanto infelice più, tanto più
fiero, pensaci: in tuo favore tu pronte hai le tue schiere, a me non manca un altro braccio. Il nostro perdono si assicuri, a
lui l’ingresso della città si chiuda, e giuste ei dia le leggi, o si deluda.
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Mitridate, re di Ponto
Sifare
Nota a me stesso io son, noto abbastanza m'è il genitor: ma quando ritorna Mitridate più non so che ubbidir.
Farnace
Adesso almeno cautamente si celi il segreto comun, né sia tradito dal germano il german.
Sifare
Saprò geloso anche con mio periglio fido german serbarmi, e fido figlio.
No.5
Parto: Nel gran cimento
sarò germano e figlio;
eguale al tuo periglio
la sorte mia sarà.
T'adopra a tuo talento;
né in me mancar già mai
vedrai la fedeltà.
(parte coi suoi soldati)
Scena IX
Farnace
Eccovi in un momento sconvolti i miei disegni.
Marzio
A un vil timore Farnace ancor non s'abbandoni.
Farnace
E quale speranza a me più resta, se nemica fortuna sul capo mio tutto il suo sdegno aduna?
Marzio
Maggior d'ogg'altro fato e'il gran fato di Roma, e pria che sorga nel ciel novella aurora, ne avrai più certe prove.
Farnace
Alla tua fede mi raccomando, amico: il mio periglio tu stesso vedi. In mia difesa ah tosto movan l'aquile altere, a cui
precorre la vittoria e il terror. Poi quando ancora sia di Roma maggior l'empio mio fato, ah si mora bensì, ma vendicato.
No.6 Aria
Venga pur, minacci e frema
l'implacabil genitore,
al suo sdegno, al suo furore
questo cor non cederà.
Roma in me rispetti e tema
men feroce e men severo,
più barbaro, o più fiero
l'ira sua mi renderà.
(parte con Marzio seguito dai suoi soldati)
Scena X
Porto di mare, con due flotte ancorate in siti opposti del canale. Da una parte veduta della città di Ninfea. Si viene accostando al suono di lieta
sinfonia un’altra squadra di vascelli, dal maggior de' quali sbarcano Mitridate ed Ismene, quegli seguito dalla guardia reale, e questa da una
schiera di Parti. Arbate con seguito li accoglie sul lido. Si prosegue poi di mano in mano lo sbarco delle soldatesche; le quali si vanno
disponendo in bella ordinanza sulla spiaggia.
No.7 Marcia
No .8 Cavata
Mitridate
Se di lauri il crine adorno
fide spiaggie, a voi non torno.
Tinto almen non porto il volto
di vergogna e di rossor.
Anche vinto e anche oppresso
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